Controllo cinghiali, l’Atc Sulmona si mette di traverso: «Gli agricoltori posso sparare solo sui propri fondi, non ovunque».
L’ambito territoriale di caccia di Sulmona contesta i provvedimenti adottati dalla Regione Abruzzo. Una lunga, estenuante, ridondante nota di spiegazioni, obiezioni, richiami a sentenze e alla giurisprudenza, per dire, in due parole, che i cosiddetti “coadiutori agricoli“, cioè i cacciatori di selezione che volontariamente e a spese proprie collaborano con la Polizia provinciale nelle operazioni di controllo dei cinghiali, non possono operare, sono illegali. O meglio posso operare, cioè abbattere ungulati, ma esclusivamente sui terreni di proprietà e non ovunque ci sia bisogno di eliminare cinghiali problematici.
E’ quanto si legge nella nota, una sorta di trattato di giurisprudenza, siglata dal presidente dell’Atc Sulmona, Marco Del Castello. Nei tratti appena più comprensibili al grande pubblico e non solo da un principe del foro, si contesta «la nuova figura di soggetti preposti all’attuazione del controllo: i Coadiutori Agricoli, i quali, nell’interpretazione, a pare dello scrivente, illogica vuol darne l’Ente Regionale cosi come sancito nella nota recante prot. 85872/19 possono operare indistintamente su ogni fondo agricolo, “ non esistendo limitazioni nella normativa di riferimento, si ritiene che essi possano essere impiegati anche al di fuori del fondo in cui esercitano la proprietà o la conduzione”».
«Di solare evidenza – continua l’enciclica dell’Atc – risulta essere il fatto che gli interventi di contenimento sono consentiti ai soli proprietari ed ai soli conduttori di fondi agricoli, in possesso di porto d’armi ad uso venatorio, nella qualità di collaboratori alle operazioni di contenimento della specie, esclusivamente sui terreni di proprietà o oggetto di conduzione e non invece, come vuole soggettivamente in un evidente apparente ottica estensiva e quasi a voler sopperire alla carenza di organico per l’attuazione del controllo andando a costituire un esercito di agricoltori».
La Regione Abruzzo, in effetti, per tentare di dare risposta all’emergenza generalizzata data dall’elevato e problematico numeri di cinghiali, ha permesso alla Polizia provinciale, un corpo di pochi elementi, di avvalersi, per le attività di controllo della fauna selvatica, dei famosi “coadiutori agricoli”. Un espediente per tentare di aggirare lo stop arrivato all’impiego dei selecontrollori dopo la recente sentenza della Corte Costituzionale. Perché in Italia, per poter abbattere un cinghiale che causa danni all’agricoltura e incidenti stradali, di deve prima chiedere il permesso ai giudici della Corte costituzionale e a quelli del Tar. Tra l’altro gli Atc non hanno alcuna competenza nella gestione delle operazioni di controllo, affidate invece al coordinamento della Polizia provinciale appunto. Tuttavia qualche Atc, spinto evidentemente da gruppi di cacciatori notoriamente ostili al controllo dei cinghiali a caccia chiusa, sta mettendo i bastoni tra le ruote alla Regione Abruzzo e alla stessa Polizia provinciale.