Vietare la caccia anche nelle aree contigue ai Parchi nazionali e regionali. E’ il rischio che corrono i cacciatori abruzzesi con l’approvazione del nuovo piano faunistico. Sul delicato tema interviene il consigliere regionale Sandro Mariani, capogruppo di di Abruzzo in Comune:
«Il Piano faunistico in discussione nella nostra regione e gli interventi di associazioni che con posizioni diverse, a livello nazionale, hanno portato nuovamente alla ribalta i temi dell’attività venatoria e della tutela dei Parchi, obbligano oggi ad una attenta riflessione per assicurare da una parte, che le comunità faunistiche siano distribuite sul territorio regionale nelle migliori condizioni quantitative e qualitative e dall’altra, garantire a chi caccia l’esercizio dell’attività venatoria. La Regione Abruzzo ha bisogno, in tempi brevi, di un Piano faunistico che sia nuovo e aggiornato punto di riferimento per coordinare e armonizzare tutti gli interventi di gestione e pianificazione che riguardano la fauna selvatica presente sul nostro territorio, assegnando maggiori responsabilità gestionali e di controllo agli ATC territoriali, le strutture più adeguate poiché a contatto diretto e costante con le aree di riferimento. Assolutamente inadeguato ed eccessivamente limitante risulterebbe introdurre, in un territorio come quello abruzzese, le cosiddette Aree contigue. Oggi, come già nel 2018, quando peraltro eravamo al governo della Regione, ribadisco la necessità di ritirare la delibera 480, delibera non pubblicata che prevede l’istituzione delle aree contigue, che avrebbe come unico risultato quello di un insopportabile aggravio per numerosi Comuni e privati cittadini di zone già sottoposte a limiti, progetti e restrizioni di diverso tipo. È utile ricordare che la legge quadro sulle aree contigue non fu altro, già dalla sua apparizione nell’ordinamento giuridico, che il frutto di un conflitto ideologico fra mondo venatorio e associazioni ambientalistiche: da una parte si riteneva necessario mantenere l’attività di caccia per controllare alcune popolazioni di specie, dall’altra si escludeva a priori l’attività venatoria nei parchi. Riproporre, oggi, questo conflitto in Abruzzo non porterebbe a nessun risultato, tranne quello negativo di inasprire la tensione tra due diritti. L’esperienza degli ultimi anni e le immagini dei cinghiali che mangiano nei bidoni della spazzatura in diverse città, ci insegnano che se è fondamentale difendere le aree dei Parchi regionali e nazionali lo è altrettanto non escludere la presenza e l’attività dell’uomo come azione regolatrice e di controllo su alcune specie. Pertanto, l’unica discussione seria e analitica da fare è quella in seno alla Commissione regionale che dovrà celermente licenziare il piano faunistico abruzzese».