Lo sfasamento temporale nel periodo di apertura della caccia in braccata al cinghiale tra Abruzzo e Molise è il pretesto che ha consentito ad alcuni cacciatori molisani, o meglio bracconieri, di “sconfinare” fuori regione. La segnalazione di quello che si configura come un vero e proprio atto di bracconaggio arriva da frazione Cannavina di Schiavi di Abruzzo. Il centro montano del Vastese confina con il Molise e non è nuovo ad “incursioni” più o meno autorizzate da parte di cacciatori molisani. Nella regione vicina la caccia in braccata al cinghiale è chiusa dallo scorso 31 dicembre, mentre in Molise la Giunta regionale, con un provvedimento già ritenuto illegittimo negli anni scorsi, ha deliberato una proroga con l’alibi dell’emergenza ungulati sul territorio.
Una sveltina della Giunta Toma, dettata dall’assessore Nicola Cavaliere, forti del fatto che non ci sarebbero stati i tempi tecnici per proporre ricorso contro la proroga. Questo fatto ha permesso ad alcune squadre di cinghialai provenienti dal Molise, da alcuni centri lungo la vallata del Trigno, di sconfinare appunto sul territorio abruzzese. Per i molisani ammessi nell’Atc Vastese, in regola con il pagamento delle relative tasse e concessioni, è sicuramente possibile praticare la caccia sul versante abruzzese, ma non quella al cinghiale, perché in Abruzzo questa modalità di prelievo è consentita esclusivamente alle squadre locali assegnatarie di rispettive porzioni di territorio. Tra l’altro, in questo momento, la caccia al cinghiale in Abruzzo è chiusa, dunque l’incursione di giorni fa in frazione Cannavina si configura come un atto di bracconaggio. Ma come sempre i cacciatori furbetti stavano «solo recuperando i cani…».