«E’ ora che i cinghialai la facciano finita di piangere. Cosa credono di avere di diverso rispetto agli altri cacciatori abruzzesi? Sono proprio loro che meno di tutti gli altri dovrebbero lamentarsi per questo lockdown regionale. Sono loro che hanno la possibilità di poter cacciare la specie, che lo facciano in braccata o in selezione oppure in controllo, lo fanno per tutto l’anno pagando le stesse tasse degli altri cacciatori».
Lo sfogo è del presidente provinciale dell’Arci Caccia Chieti, Angelo Pessolano, come sempre senza peli sulla lingua. Il dirigente dell’associazione venatoria commenta la recente sospensione dell’attività venatoria in ragione del passaggio dell’Abruzzo in zona rossa. E mentre le altre associazioni venatorie sembrano preoccupate solo per le sorti della braccata e dei cinghialai appunto, perché sono la parte maggioritaria dei cacciatori e dunque rappresentano la quasi totalità delle tessere associative, il presidente dell’Arci Caccia ragiona con ben altre logiche, anche antieconomiche magari, sicuramente politicamente scorrette, ma che mirano a tutelare tutti i cacciatori e tutte le forme di caccia.
«Ai cinghialai verrà incontro la Regione con una probabilissima proroga della chiusura della caccia al cinghiale fino a fine gennaio per fare recuperare loro le braccate perse in novembre. – continua Pessolano – Altra cosa è invece per coloro che cacciano col cane da ferma. Questi sì che hanno perso giornate importanti per la caccia alla beccaccia, alla starna, alla coturnice, al fagiano e anche alla lepre. A loro nessuno pensa di fare recuperare le giornate perse, eppure pagano tanto quanto i colleghi cinghialai. E i migratoristi che perdono la possibilita di cacciare nel mese del passo autunnale allodole, colombacci, anatidi e turdidi, a loro che pagano tanto quanto i colleghi cinghialai il perso non torna più. Quindi è ora di farla finita di piangere – aggiunge Pessolano – come se la caccia fosse solo cinghiale.
Siamo stanchi, siamo delusi, tutti siamo stati sconvolti e colpiti da questo maledetto virus che oltre a farci rischiare la vita ci ha tolto una parte del nostro tempo dedicato alla nostra grande passione, così come ai colleghi pescatori. Cerchiamo di renderci conto che noi soffriamo per la nostra passione, ma fuori la gente soffre per tanto tanto di più e alcuni non sanno cosa mettere a tavola nelle loro case, per i loro figli e mogli, perché il virus maledetto sta massacrando ristoratori, baristi, gestori di hotel, commercianti e tante tante altre categorie. Forse sarebbe il caso di riflettere e attendere con calma il 3 dicembre – chiude Pessolano – con la speranza che questo sforzo richiestoci dal Governo trasformi presto la nostra regione da rossa a gialla».
Francesco Bottone