Lo sport del momento, nel Vastese, è sparare amenità (cazzate sarebbe risultato troppo scurrile, ma è quello il termine esatto, ndr) in materia di contenimento cinghiali.
Si è passati dal negare il problema (anni fa un amministratore disse che a Vasto i cinghiali non c’erano e che chi diceva il contrario affossava il turismo, ndr) a far parlare sulla stampa locale presunti e sedicenti esperti in materia. Tra i cacciatori, ad esempio, c’è chi insiste chiedendo l’ormai famigerato ampliamento del periodo di caccia al cinghiale. Una sciocchezza colossale, perché non si può aumentare a quattro mesi la braccata. E’ contro la legge nazionale, la 157. Lo sanno anche le pietre ormai, tranne che i cinghialai, più o meno consci e consapevoli di ciò che dicono. Pochi giorni fa, in Molise, una sgangherata proposta di legge in tal senso è stata impugnata dal Governo davanti alla Corte costituzionale.
Inoltre la storia degli ultimi trenta anni dimostra senza timore di smentita che la braccata, che parta a settembre o a ottobre, non è affatto in grado di risolvere il problema cinghiali. Anzi, è vero l’esatto contrario, come spiegato fino alla noia dai veri esperti, cioè da quelli che studiano nelle università, hanno titoli di studio e applicano scientificamente la gestione faunistico-venatoria. Si chiama competenza e si acquista con lo studio. Perché masturbarsi per trenta anni non è sufficiente per diventare un andrologo. Allo stesso modo non basta avere trenta anni di licenza di caccia e «mettere da mangiare ai cani» per essere un esperto in materia venatoria. Al netto di queste questioni, la cosa certa, incontrovertibile è questa: trenta anni di braccata non hanno affatto limitato il numero di cinghiali sul territorio. Anzi, hanno contributo a creare l’emergenza attuale. Può dare fastidio, ma è così, alla luce della più elementare logica. Perché dovrebbe funzionare adesso?
Oltre alle sciocchezze dei cacciatori, quelli che «mettono da mangiare ai cani tutto l’anno», come se questa cosa scontata fosse addirittura un merito, ci sono le panzane degli animalisti, sempre sedicenti esperti. Perché, per tornare all’esempio della masturbazione, non basta militare nel Wwf o nel club del fratino per qualche decennio per potersi dire esperto faunistico. Ci sono apposite università da frequentare e relativi corsi di studio; un motivo ci sarà. Questi animalisti impenitenti hanno come unico obiettivo quello di screditare la caccia e i seguaci di Diana. E per raggiungere questo obiettivo (tra l’altro facile da centrare visto che gli stessi cacciatori fanno sovente affermazioni autolesioniste, ndr) sparano le famose amenità.
Uno di questi scienziati ad esempio, ha dichiarato ad un giornale locale, testualmente, che «la caccia di selezione è controproducente, perché fa aumentare il numero dei cinghiali». Una affermazione che non ha alcun riscontro scientifico al pari di quella che «gli asini volano». L’arguto animalista spiega il suo fantasioso pensiero così: «Se l’abbattimento non è mirato per classe, sesso ed età, si ottiene l’effetto opposto». Peccato per lui che la caccia di selezione, per definizione, si basi proprio su prelievi selettivi: c’è un piano di prelievo, stilato dagli esperti, quelli veri, razionale, scientifico, che tiene conto proprio dei parametri sesso e classe di età. Infine, la caccia di selezione è una attività ludico-ricreativa, al massimo finalizzata a procurarsi cibo super biologico, ma non ci azzecca niente con l’obiettivo di contenere la popolazione di cinghiali. Per quello, ne prenda atto l’animalista di lungo corso, c’è il controllo, che non è affatto caccia, operato dalla Polizia provinciale.
Il sovrannumero problematico di cinghiali si affronta, nel tentativo di risolverlo, facendo gestione faunistico-venatoria su tutto il territorio, quindi anche dentro le riserve e i parchi, fino a poche settimane fa off-limits, e con tutti gli strumenti permessi dalla legge e che vengono applicati da decenni, e con risultati, nel resto d’Italia e d’Europa. Ad esempio svincolare completamente la caccia di selezione dalla braccata e quindi dalla “gestione” delle squadre di cinghialai potrebbe sicuramente aiutare. Il resto sono sciocchezze interessate o meglio, cazzate.
Francesco Bottone