“Dizionario dialettale etimologico della Vallata del Trigno”. È l’ultima fatica letteraria, la nona, del professore di francese, oggi in pensione, Emilio Di Paolo. Un’opera enciclopedica, pubblicata in tre tomi, per complessive 1656 pagine, dall’Editore “Il Torcoliere” di Vasto. L’autore, originario di Castelguidone nell’Alto Vastese, è un cultore appassionato delle parlate vernacolari, delle tradizioni locali e dei personaggi storici dei paesi abruzzesi e molisani della vallata del Trigno, la famosa “terra di mezzo” che dal basso Chietino sale fino all’Alto Molise.

Nello scorrere le fittissime pagine dei lemmi, è facile rendersi conto dell’imponenza del materiale repertato nell’area geografica oggetto dell’indagine, la vallata del Trigno appunto. Non si tratta di un nostalgico recupero di un sistema culturale in via di dissoluzione, dal momento che il ricercatore ha modernizzato l’opera con l’inserimento di una terminologia attuale. L’autore esplora in profondità il lessico specifico, fornendo una spiegazione dettagliata che include sempre la descrizione grammaticale del vocabolo, il significato preciso dei lemmi con le relative varianti, nonché i vari contesti nei quali gli stessi lemmi vengono utilizzati.
L’opera sottolinea «l’importanza del dialetto come strumento di comunicazione che soddisfa le esigenze espressive specifiche della comunità della vallata del Trigno». Inoltre, il lavoro evidenzia anche i vari fenomeni linguistici quali l’aferesi, la sincope, l’apocope, la metatesi, la metonimia, la sineddoche, l’anaptissi, la concrezione e la discrezione dell’articolo, l’assimilazione e la dissimilazione, la propagginazione, il rotacismo, il betacismo. Impressionati i “numeri” dell’opera fresca di stampa: il dizionario presenta infatti qualcosa come 33.500 lemmi, decine di migliaia di soluzioni fraseologiche, tra la 40 e le 50 mila, circa duemila proverbi, un discreto numero di strofette, filastrocche e preghiere antiche, conte fanciullesche, canzoncine, favolette, oltre un centinaio di indovinelli, alcuni scioglilingua, diverse invocazioni, relitti di voci latine riguardanti soprattutto la tradizione ecclesiastica, “formule magiche” adoperate, nel recente passato, da sedicenti “fattucchieri” per la “guarigione” di varie malattie, del malocchio in particolare, termini cinquecenteschi concernenti soprattutto l’ambito delle costruzioni, la cosiddetta parlata lombardesca o furfantesca, un centinaio di termini serbo-croati della parlata di Montemitro, poche voci di origine zingaresca, diffusisi nel Vastese solo negli anni passati, parole straniere che col passare degli anni hanno assunto una connotazione locale, un discreto numero di termini ed espressioni talvolta rudi, scabrose, volgari e gergali, dal momento che «il dizionario è nato in mezzo alle piazze, ai giardini pubblici, nelle campagne e nei bar», spiega lo stesso autore, una ricca terminologia sportiva, del calcio in particolare, diffusasi in maniera capillare in tutti i paesi, sovente accompagnata da un’abbondante fraseologia, una ricca terminologia musicale, dal momento che tutti i paesi oggetto dell’indagine hanno avuto o hanno ancora un complesso musicale bandistico.

E ancora vocaboli derivanti da imitazione onomatopeica e da suffissazione derivativa, creazioni popolari, anche scherzose, una quantità immensa di toponimi, diverse voci di tempi e modi verbali antiquati o in via di estinzione, un numero esiguo di termini che non sempre fanno parte della tradizione dialettale dei paesi della Vallata del Trigno, ma che si sono diffusi, talvolta anche in maniera inconsapevole nella succitata area geografica, addirittura anche i termini adoperati per avvicinare o allontanare gli animali. Di Paolo, nella frase introduttiva riportata prima dell’introduzione, afferma: «L’ ho tanti vocabuli nella mia lingua materna, ch’io m’ho piuttosto da doler del bene intendere le cose, che del mancamento delle parole colle quali io possa bene esprimere il concetto della mente mia».
Di Paolo ha consultato e letto libri editi da autori dei paesi della vallata del Trigno, giornali locali riportanti frasi dialettali originali, siti internet e quant’altro. «Ma il vero indagato, al contempo vero depositario della “cultura dei poveri” o “della cultura minore” che dir si voglia, è stato il popolo, la gente comune, perché, – spiega l’autore – “addó’ ce spùte lu pópele, ce fa la fónte“, cioè dove sputa il popolo nasce una fonte. Il contenuto dell’opera è così vasto da sembrare proprio una enciclopedia dialettale, che comprende ogni genere di parlata. L’opera sarà presentata nei vari Comuni della vallata del Trigno interessati.