«I cacciatori cercano appigli per sparare a dispetto della zona rossa per controllare la popolazione dei cinghiali, un problema che loro stessi hanno creato e che non si risolve con l’attività venatoria».
Il Wwf Abruzzo commenta così, con toni critici, la notizia data dall’assessore regionale alla Caccia, Emanuele Imprudente, in merito alla possibilità di recuperare a gennaio i giorni di caccia pagati e persi dai cacciatori a causa dell’entrata dell’Abruzzo in zona rossa.
«Apprendiamo dagli organi di stampa che un gruppo di cacciatori pretenderebbe dalla Regione di poter continuare l’attività venatoria anche nel momento drammatico che stiamo vivendo. – spiegano dal Wwf – Sarebbe addirittura in programma una manifestazione davanti alla sede del Consiglio regionale durante la quale i caposquadra cinghialai chiederebbero la chiusura delle scuole e la riapertura della caccia. Varie attività sono chiuse, non ci è permesso fare visita agli affetti più cari né di muoverci liberamente sul territorio, ma per i cacciatori quello che conta è andare a sparare. La giustificazione sarebbe quella di intervenire sulla popolazione di cinghiali che a loro avviso sarebbe causa di ingenti danni all’agricoltura e di incidenti stradali. Vale la pena di ricordare che la responsabilità della eccessiva presenza dei cinghiali in tante parti d’Italia, Abruzzo compreso, è proprio dei cacciatori che chiesero e ottennero negli anni passati pesanti immissioni a scopo venatorio di animali provenienti dall’est europeo stravolgendo totalmente gli equilibri».
«Più volte siamo intervenuti sulla questione – dichiara Filomena Ricci, delegato regionale del WWF Abruzzo – portando dati e citazioni basati su qualificati studi scientifici che sottolineano come l’attività venatoria, andando a colpire soprattutto gli adulti al contrario della mortalità naturale che incide in particolare sulle classi giovanili, innesca nei cinghiali risposte compensative che addirittura ne accrescono la presenza. Le popolazioni vengono destrutturate e questo comporta riproduzione precoce delle femmine, maggior numero di nati e aumento del tasso di dispersione tra i giovani, come ben noto a chi affronta il problema basandosi su evidenze scientifiche e non su percezioni e impressioni non di rado interessate».
«Basterebbe un’analisi oggettiva e scientificamente rigorosa dei dati per far emergere come la caccia non sia la soluzione per il contenimento delle popolazioni di cinghiali, che infatti crescono anche dove l’attività venatoria, con le varie forme di caccia ordinaria e di selezione, è praticamente permessa tutto l’anno. – continuano dal Wwf – Come sarebbe utile confrontare i dati di riduzione dei danni da fauna selvatica alle colture in presenza di adeguati sistemi di protezione come le recinzioni elettrificate. La Regione Abruzzo con una comunicazione del 19 novembre, ha già previsto l’intervento per attività di controllo delle popolazioni di cinghiali della Polizia provinciale, delle Guardie Venatorie Volontarie e dei proprietari e conduttori dei fondi autorizzati per il controllo, che potranno intervenire in terreni in conduzione o di proprietà anche al di fuori del territorio comunale e anche dopo le 22:00, considerando l’attività quale “intervento di pubblica utilità”, definizione peraltro assolutamente priva di riscontro visti i risultati».
«Si continuano a proporre soluzioni semplicistiche per la gestione delle popolazioni di cinghiali che hanno un effetto puramente propagandistico e non certo risolutivo del problema. – dichiara Dante Caserta, vicepresidente del WWF Italia – La strategia che attribuisce ai cacciatori il compito di contrastare un problema che loro stessi hanno determinato è inutile e spesso dannosa, ad esempio quando si autorizza la braccata con i cani, che arreca disturbo a tutta la fauna, anche quella protetta e preziosa (basterà citare l’Orso marsicano), e contribuisce ad aumentare il tasso di dispersione dei cinghiali e di conseguenza produce un aumento proprio di quei danni, alle coltivazioni e alla sicurezza stradale, che si vorrebbero contenere».
Il WWF chiede, dunque, alla Regione Abruzzo «di mantenere il divieto all’attività venatoria che vige in zona rossa non cercando scorciatoie per concedere a un piccolo gruppo di persone la possibilità di muoversi nel territorio, aumentando il rischio di contagio, quando a tutta la popolazione viene chiesto di attenersi scrupolosamente alle limitazioni».