L’incidente di caccia verificatosi ieri in Abruzzo, a causa del quale ha perso la vita un uomo, un padre di famiglia, rilancia il tema della pericolosità della braccata. Una tecnica di caccia praticata da qualche decennio in Italia, con poche analogie nel resto d’Europa, che miete ogni anno decine di vittime tra cacciatori e tra esterni al mondo venatorio. Il giornalista Francesco Bottone, che è un appassionato cacciatore e caposquadra, analizza alcune delle principali criticità della braccata e fa una proposta di buonsenso all’assessore regionale alla Caccia della Regione Abruzzo, Emanuele Imprudente.
Incidenti a caccia, il paradosso: la braccata è pericolosa, ma di fatto obbligatoria
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Concordo sull’opportunità di eliminare il vincolo di appartenenza ad una squadra per chi pratica la caccia di selezione ma non anche sulla proposta di consentire la caccia al cinghiale ai singoli. Questa seconda ipotesi sarebbe pericolosissima, perché potrebbe determinare la presenza di più cacciatori singoli in una stessa zona, ciascuno inconsapevole della presenza di altri intenti a praticare la stessa attività, esponendo così sé e gli altri a rischi molto elevati. Sarebbe più opportuno organizzare corsi di formazione obbligatori in favore degli iscritti alle squadre, o quantomeno dei caposquadra, al fine di educarli al corretto modo di collocare le poste (es. Evitando poste a giro, con persone sulla linea di tiro di altre) e fornendo anche nozioni i balistica per far comprendere gli errori principali e il comportamento del proiettile a seconda di varie condizioni (es. Deviazione del proiettile e/o delle sue schegge in caso di impatto contro ostacoli). La prevenzione non può prescindere dall’informazione.