In una umida giornata autunnale una pattuglia di carabinieri forestali della stazione di Agnone sta svolgendo un servizio antibracconaggio in un’area rurale interdetta all’attività venatoria giacché zona di ripopolamento e cattura in località “Fratte”, quando gli operatori scorgono un laccio di acciaio posizionato abilmente come trappola lungo un sentiero di passaggio della selvaggina, soprattutto cinghiali.
Le indagini scattano immediatamente e i carabinieri forestali nascondono anche una video-trappola nella vegetazione. Dopo un prolungato monitoraggio e vari appostamenti colgono in flagranza il bracconiere che ha posizionato il laccio, nel frattempo reso innocuo e inidoneo alla cattura di prede, lo identificano e lo denunciano tempestivamente all’Autorità Giudiziaria.
L’uomo, un settantenne di Pietrabbondante, dovrà rispondere dei reati di esercizio dell’attività venatoria in zona vietata e con mezzi vietati, rischiando una pena fino a sei mesi di arresto più il pagamento di un’ammenda.
I lacci sono mezzi di caccia tassativamente vietati, che infliggono a volte una lenta morte per soffocamento o gravi lesioni e sofferenze ai poveri animali che vi rimangono impigliati. Non solo, sono mezzi non selettivi e, sebbene utilizzati per braccare cinghiali, possono risultare fatali anche per tutti gli altri mammiferi, domestici e selvatici che siano, alcuni dei quali, come l’orso marsicano, sono in pericolo di estinzione.
Questo intervento rientra nei controlli sull’attività venatoria programmati dai Carabinieri Forestali su scala provinciale, volti ad assicurare che questa si svolga in sicurezza e nel pieno rispetto delle regole.