Il rapporto SVIMEZ descrive il Molise come la regione più fragile del Mezzogiorno
I redditi sono in calo, la disoccupazione è in aumento e le famiglie sono in grave sofferenza
La crisi economica che attanaglia l’Italia in generale ed il Molise in particolare crea nella nostra regione un profondo “dissesto” sociale, dato che appare la regione italiana più fragile vista la ridotta dimensione del territorio, la sua conformazione e la scarsa presenza di popolazione. Infatti diminuisce il PIL per abitante, cioè la ricchezza disponibile per ciascuno, diminuisce l’export, diminuisce l’occupazione, mentre aumenta la disoccupazione e le ore di cassa integrazione guadagni, aumenta la disoccupazione giovanile, mentre aumentano anche i giovani che non studiano e non lavorano, aumentano le famiglie che percepiscono meno di 6mila euro l’anno e quelle che percepiscono meno di 12mila euro l’anno e anche quelle monoreddito. Insomma tutti dati, questi, molto negativi che si accompagnano ad una bassissima natalità ed a una altissima mortalità.
Questi in sintesi i valori che si desumono dal Rapporto annuale dell’Istituto SVIMEZ che si occupa dello studio dello sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno d’Italia. C’è da essere veramente molto preoccupati.
La politica nazionale, quando è in cerca di voti, decanta il valore delle regioni meridionali, ne auspica o addirittura ne prevede il pronto sviluppo e definisce tutto il sud “non un peso, ma un’opportunità”, terminato il periodo elettorale dimentica totalmente i proclami fatti e nasconde nei cassetti meno accessibili i tanti progetti in precedenza illustrati con enfasi quasi fossero sul punto di essere realizzati.
Non diversamente si comportano i politici locali: l’attuale governo regionale dopo i soliti roboanti annunci di trasformazioni e sviluppo straordinario è già entrato nelle cronache nazionali del malcostume dilagante.
Ma vediamo i dati particolari, relativi al 2013, pubblicati dal Rapporto SVIMEZ di quest’anno e osserviamo la situazione del Molise nel confronto con le altre regioni meridionali a statuto ordinario e con tutto il Mezzogiorno. Partiamo dal preoccupante invecchiamento della popolazione che è sintetizzato perfettamente dal ridottissimo tasso di natalità, sceso ulteriormente a 7,2 contro una media delle regioni meridionali di 8,5, e dall’elevatissimo tasso di mortalità risultato di 11,3 in confronto a 9,4 del mezzogiorno. Già questi primi valori ci portano a considerare prioritaria una politica che crei le condizioni per trattenere i giovani a vivere e lavorare nella nostra regione dal momento che la prima risorsa di un territorio è proprio la popolazione. Tale urgenza è resa ancor più evidente da un altro elemento: la quota di emigranti in possesso di laurea è per il Molise del 32% contro una media per il meridione del 24,6%. Ciò sta a dimostrare che le famiglie fanno un grande sforzo per far studiare i figli i quali tuttavia sono costretti ad emigrare per mettere a frutto il loro titolo di studio impoverendo così la disponibilità in regione di risorse umane qualificate. È stato adottato qualche provvedimento per ovviare al calo della popolazione, al suo progressivo invecchiamento ed alla fuga dei giovani più dotati? No!
L’economia regionale è in crisi profonda: nel 2013 il prodotto interno lordo (PIL) ha avuto un ulteriore calo, dal 2,1% del 2012 è sceso di un altro 3,2% nel 2013, come tutto il meridione che dal -3.2% ha visto scendere ulteriormente la ricchezza prodotta del -3,5%. Le regioni che hanno registrato le riduzioni maggiori in questo campo sono state la Puglia, la Basilicata e la Calabria. Né si è potuto contare sulle esportazioni perché quelle molisane si sono ridotte al lumicino, infatti sono ammontate nel 2013 appena a 338 milioni di euro con una riduzione del 10,2% rispetto all’anno precedente, dopo che già nel 2012 si era registrato un calo del 6,1%.
Gli aspetti più destabilizzanti dal punto di vista sociale sono: la riduzione degli occupati, diminuiti del 7,2%, più di tutte le altre regioni meridionali; la forte crescita della cassa integrazione, aumentata addirittura del 41,7%, contro un aumento del 17,1% per tutto il meridione; la disoccupazione giovanile, arrivata al 48,9% contro la media del 46,9% del mezzogiorno; i giovani sbandati che non studiano e non lavorano, aumentati del 15,7% mentre nelle altre regioni sono aumentati in media del 6,1%; il numero dei disoccupati, che dopo un aumento del 23,5%, registrato nell’anno precedente, nel 2013 è cresciuto ancora del 27,5% contro un aumento del meridione del 13,2%.
Questi dati rappresentano crudamente quanto sia fragile la struttura economica e sociale del Molise che è stata trovata priva di difese e incapace di resistere alla crisi che ha percosso l’Italia e tutta l’Europa e fanno facilmente immaginare quanto stiano soffrendo in questi anni le famiglie della nostra regione, tanto che è aumentata la percentuale di famiglie che percepiscono meno di 6mila euro l’anno (3,2%), di famiglie che percepiscono meno di 12mila euro l’anno (10,9%), di famiglie monoreddito (50,4%) e di quelle che hanno 3 o più familiari a carico (8,7%). In tutto questo turbine di dati negativi emerge un aspetto positivo: la grande capacità di sacrificio dei molisani che pur mantenendo qui la residenza si recano a lavorare al centro-nord o all’estero. Questi sono aumentati del 29,7% mentre in regioni come Puglia e Basilicata sono addirittura fortemente diminuiti.
Ora è facile capire che in Molise siamo vicini al punto di rottura; le difficoltà economiche possono sconvolgere l’equilibrio sociale che si è creato, con esiti imprevedibili, e la capacità di sacrificio non è infinita. Sono indispensabili interventi efficaci ed urgenti, chi ha la responsabilità si metta all’opera perché il tempo sta per scadere e non sono previsti supplementari.
Luciano Scarpitti