Il risultato delle regionali, il rapporto con Roberti e il Pd, sgli screzi con il coordinatore regionale del M5S, Federico. Ed ancora: sanità pubblica e privata, il futuro del Molise e del Movimento 5 Stelle. Andrea Greco a tu per tu con il direttore di Primo Piano Molise, Luca Colella parlando di passato, presente e futuro.
Consigliere Greco, ha analizzato meglio i dati della sconfitta? Oggi, a distanza di quattro mesi dalle regionali, è mutata la sua idea circa le ragioni?
«Assolutamente no, i cittadini non hanno riconosciuto una reale alternativa al disastroso governo di centrodestra. L’errore più comune che fa chi si occupa di politica è credere che basta una coalizione per vincere. Ahimè, non è così. Servono identità politiche precise e ben definite, ma soprattutto un messaggio di cambiamento reale. Tutto questo, è evidente, non è arrivato ai cittadini dal campo
progressista che poi tanto progressista non era. Basti vedere i ricorsi elettorali improbabili per prendere il posto di Angelo Primiani per capire che non eravamo una coalizione. Il vento nazionale ha fatto il resto.
È una sensazione o ha abbassato i toni? Ha deciso di rivedere l’approccio, anche emotivo, quando esprime le sue idee politiche, quando propone argomenti in Aula, quando critica la maggioranza?
«Se guardiamo la sostanza e non la forma, i primi atti che ho portato in Consiglio regionale sono stati in sequenza: legge di istituzione di una commissione di inchiesta sui debiti sanitari, appalti Asrem e rapporti con i privati. E, ancora, un’altra sulla commissione di inchiesta antimafia. Ho affrontato l’annoso problema delle liste d’attesa facendo venir fuori tutti i motivi per i quali ormai in Molise, troppo spesso, o paghi o non puoi curarti. E altro, dall’istruzione fino agli atti contro la centrale di Pizzone. Insomma, il centrodestra ha vinto con grande distacco e chiaramente di questo bisogna tenerne conto, ma la cosa più importante è conservare una sana intransigenza sui temi. Per me rimane prioritaria la tutela della sanità pubblica e di qualità. O sei appassionato di quello che fai o non ha senso».
Non è – perdoni la schiettezza – che ancora non digerisce la batosta?
«A livello personale ho avuto un risultato che mi ha commosso, per quello generale mi sono aiutato con vagoni di Maalox (sorride di gusto, ndr). Scherzi a parte non le nego che fremevo per mettermi in gioco in un ruolo di governo. Oggi vedo troppe maschere e tanta ipocrisia, in molti dicono il contrario di quello che pensano, io invece le dico chiaramente che a 38 anni, magari, nelle vesti di assessore avrei fatto di tutto per risollevare questa terra, ma alla fine è sempre la democrazia a decidere. Sono i cittadini che hanno scelto e io porto massimo rispetto per i molisani».
Che tipo di rapporto ha instaurato con il presidente Roberti e come pensa di coltivarlo nel tempo?
«Con il presidente Francesco Roberti ho cercato di essere franco e diretto fin dal primo Consiglio. Gli ho chiesto rispetto dei ruoli e di abbassare i vessilli politici quando c’è da risolvere i problemi dei molisani. È un uomo senza turbe politiche, al contrario di chi lo ha preceduto, spero che sia in grado di dimostrare di essere indipendente dai poteri forti che in Molise hanno enormi interessi nella sanità privata. Certo, politicamente, in giunta ha dovuto cedere qualcosa ma staremo a vedere. Lui di me ha capito che sono mosso da buoni propositi e non lo attacco mai in maniera strumentale, basta questo per il momento».
E con i colleghi di coalizione? Non è un mistero che voleva essere lei il candidato del Movimento 5 stelle ed eventualmente del campo largo ma, obtorto collo, ha dovuto “subire” Gravina. Come va con Roberto? Che tipo di opposizione ha in mente?
«Con Roberto ho un buon rapporto ed è evidente che deve chiedere a lui cosa ha in mente. Ad oggi posso dire che su ogni atto sul quale ho chiesto appoggio me lo ha fornito senza indugio. Credo che alla luce dei risultati di cinque anni fa e dell’opposizione fatta senza sconti durante la scorsa legislatura, anche molti molisani si aspettavano una mia candidatura alla presidenza. Purtroppo chi ha preso decisioni anche nel Movimento 5 stelle non la vedeva così. Sono stato osteggiato forse più da dentro che da fuori, poi il candidato presidente lo ha scelto il Pd di Vittorino Facciolla (verità storica documentata dal quotidiano che lei dirige). Oggi sono io che vorrei fare a lei la domanda: qual è stato il risultato di tanta resistenza sul mio nome? Certo, il Pd ne ha beneficiato perché attualmente sul Comune di Campobasso non ha in gioco un uomo come Roberto (Gravina, ndr), ma il Molise non credo. C’è bisogno di un fronte serio e credibile che sia autenticamente antisistema, ma occorre farlo con
la forza della competenza, dell’amore per questa terra e soprattutto con determinazione e coraggio».
Per partito preso – ma è politicamente scontato – il Movimento critica molto le scelte del governo Meloni. Al Molise, però, Palazzo Chigi sta dando una grossa mano (240 milioni). Se non fosse stato per il Cis, i cui effetti sono ancora tutti da dimostrare, l’esecutivo Conte non ha per nulla aiutato la Regione a superare il disavanzo di bilancio. Lo aveva fatto invece Renzi in precedenza.
«Anche qui mi corre l’obbligo della sincerità, 40 milioni non sono bruscolini e 240 ancor meno. Io sono un “tifoso del Molise” per cui tutto quello che vorrà darci il governo nazionale per me è oro e serve a questa terra come non mai. Parallelamente le dico che sia a livello centrale sia regionale la pressione fiscale è stata spinta al massimo livello. Nel 2024, i molisani, oltre a fare i conti con un’inflazione devastante verranno letteralmente stritolati dalle tasse e, ahimè, dalle prime bozze in circolazione le addizionali regionali potranno essere usate non solo per la sanità. Significa che oltre alle aliquote al massimo ci troveremo probabilmente con ancora meno servizi. Poi se consideriamo l’assenza di politiche di sviluppo, il ritorno alla austerity in stile Fornero su pensioni e welfare, il taglio alla
spesa per gli investimenti, il governo centrale con una mano dà e con due prende. Di Renzi non parlo non ha senso accanirsi su chi politicamente non c’è più, dico solo che è stato chi ha maggiormente aiutato la sanità privata con i fatti, con le leggi».
Facciamo un salto indietro nel 2018: è innegabile che per circa un anno, da quando Toma è stato eletto, il Movimento ha pensato più a capire come evitare che il presidente fosse commissario della sanità che a dare una mano al Molise, potendo anche contare sul ministro della Salute (Giulia Grillo, pentastellata).
«Non era una battaglia contro Toma, ma contro l’idea che i presidenti di Regione fossero allo stesso tempo commissari, gli stessi che avevano distrutto la sanità pubblica del Molise. Oggi di fatto la situazione è questa. Fu l’ex presidente a non capire che bisognava lavorare per il bene del Molise iniziando una guerra tutta personale. Se andiamo a vedere come Toma ha gestito la sanità da commissario, posso ammettere, senza paura di smentita che è stata una fortuna come siamo riusciti ad arginare molte sue azioni a dir poco opinabili. A livello nazionale dal Movimento mi sarei aspettato più
coraggio nel rivedere l’intera politica, in particolare nel rapporto con i privati accreditati. Molto è stato fatto, ma tanto altro si poteva fare. Evidentemente stando insieme alla Lega di Salvini non era semplice».
Vogliamo parlare del commissario Giustini e delle ragioni che lo hanno indotto a “scappare” dal Molise? Anzi, visto che ci siamo, dia un giudizio all’operato di Giustini, scelto e mandato qui dal governo Lega/5 Stelle.
«Il Movimento indicò Ida Grossi e la Lega Angelo Giustini. Noi, in quel frangente, sul territorio non fummo considerati, personalmente mi sarebbe piaciuta una figura come il manager Giovanni Di Pilla. Detto questo, alcuni provvedimenti della Grossi passarono totalmente inosservati come il taglio di 6 milioni di euro ai privati, che nessuno era riuscito a fare prima, o il recepimento del Piano nazionale sulle liste di attesa. A mio avviso Giustini si è trovato ad operare in un contesto super ostile e sfido chiunque a farlo».
Ci pensa ogni tanto che il “suo” Movimento ha governato insieme ad una componente fondamentale dell’esecutivo di Giorgia Meloni?
«Cerco di non pensarci anche se purtroppo la legge elettorale non permetteva altre scelte se non il continuo ritorno alle urne».
Il Movimento pare essersi totalmente disinteressato delle provinciali di Campobasso. Civetta è il candidato del centrodestra, Puchetti si dichiara indipendente e trasversale. Gli amministratori pentastellati per chi voteranno? Un partito (o movimento che sia) che vuole contare sulla scena locale e nazionale non salta un appuntamento elettorale.
«Faccio il mio in bocca al lupo ai contendenti, ma sulle provinciali credo sia necessario tornare a dare voce ai cittadini. Oggi, più che elezioni sembra di assistere alla sceneggiatura di un film di Christopher Nolan. Per contare politicamente bisogna stare tra le persone e non chiusi nei palazzi. Questo è quello che conto di fare».
In primavera si vota a Campobasso e a Termoli. Come giudica la salute del Movimento e più in generale quella del centrosinistra?
«Secondo me sul territorio alcune scelte hanno fatto male al Movimento e chi dice il contrario mente sapendo di mentire. Per gli italiani e per i molisani abbiamo rappresentato la speranza vera di un cambiamento. Ogni giorno cerco di tenerlo a mente e provo a tenere alta la bandiera di quei valori che ho sempre portato con me nelle istituzioni. Innegabile che non è più il simbolo a “tirare” ma la credibilità delle persone affiancata ai valori di sempre. Se a livello nazionale, Giuseppe Conte senza dubbio riesce a farlo, sui territori c’è bisogno di chi lavora e si impegna duramente. A Campobasso proprio per questo credo ci sia un validissimo gruppo di amministratori uscenti che tanto possono ancora dare alla città. Su Termoli ho e abbiamo grandi amici, che rimarranno tali. Hanno deciso di andare con Dibba (Alessandro Di Battista, ndr), uno che al Movimento ha dato un’anima, come biasimarli».
Potrebbe essere vincente riproporre la formula delle regionali? Alle amministrative di Foggia ha funzionato. Campo largo, dentro anche Calenda e Renzi.
«Le pongo un quesito: alle regionali ha funzionato? Per me il Movimento deve uscire dall’ambiguità che significa non essere ossessionato dall’idea di alleanza con il Pd. L’impressione è che Conte – con me sempre corretto al contrario di altri – è circondato da persone che lo spingono continuamente verso quella direzione, ovvero, tra le braccia del Pd, mentre lui crede in un’identità forte e autenticamente progressista del Movimento. Non esiste una formula magica o una “formula Foggia”, esiste la credibilità che devi guadagnarti nel tempo, con sacrificio, passione e voglia di fare. Potrei elencarle le migliaia di volte che la stessa formazione non ha funzionato. Una rondine non fa primavera. Ogni contesto territoriale ha una sua storia».
Ha ancora una linea politica il Movimento in Molise? Il coordinatore Federico, trascorsi dieci anni “d’oro” tra Regione e Parlamento, sembra essere svanito nel nulla.
«Aldilà dei ruoli, oggi la linea politica si detta nelle istituzioni e io sono onorato del fatto che i cittadini molisani mi abbiano dato nuovamente fiducia, quindi si lavora su sanità pubblica, liste d’attesa, sviluppo e sostenibilità insieme ad un collega formidabile come Angelo (Primiani, ndr). Tutto il resto non mi appassiona. I ruoli sono quelli che le persone ti riconoscono nel tempo, per me è quanto basta. Certo oggi su alcuni temi che hanno un impatto nazionale mi aspetto copertura politica dal Movimento e soprattutto un aiuto da Roma, altrimenti mi sentirei un ostacolo e sinceramente nella vita non ho mai frequentato luoghi o persone a cui sono sgradito».
Consigliere, è una sensazione o il coordinatore Federico ce l’ha con lei?
«Dopo le elezioni non ho ricevuto da Antonio nemmeno un messaggio di congratulazioni. Segno evidente del disagio che prova nei miei confronti. Ho ricevuto però una telefonata da Conte e mi ha fatto immensamente piacere. In molti sanno di aver sbagliato con me e invece di ammettere l’errore giocano a far finta di nulla. La consolazione? L’affetto che ricevo ogni giorno dai molisani e l’onore di poterli rappresentare nelle istituzioni, tutto il resto non conta».
Cosa ha intenzione di fare da grande Andrea Greco?
«Il Paese ha bisogno di un fronte politico autenticamente antisistema che fondi le radici nella passione, nella voglia di mettersi in gioco e rischiare anche in prima persona, ha bisogno di messaggi non ambigui e, quindi, di contenuti diretti e schietti. Lo stesso vale per il Molise dove ci sono buone basi da cui. La passione e l’amore per la politica non si possono spegnere e non si consumano, ma ardono costantemente, in me sono più vive che mai! Grazie per le sue domande sulle quali come sempre ho dato fondo a tutta la mia sincerità».