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  • Striscia di Gaza, l’appello di Padre Gabriel: «Cessate il fuoco, fermate il Diavolo della guerra»

    «Ogni ora di guerra in più crea ulteriore ingiustizia e a farne le spese sono soprattutto i civili e le vittime innocenti. La sola cosa da fare, a livello internazionale, è chiedere e ottenere l’immediato cessate il fuoco». Padre Gabriel Romanelli, della famiglia religiosa del Verbo Incarnato, è l’unico parroco cattolico in tutta la Striscia di Gaza. La sua parrocchia, dedicata alla Sacra Famiglia, si trova a Gaza City, e conta 134 anime e l’altra sera è stato ospite in videoconferenza del primo incontro organizzato dalla Caritas e dal direttore don Alberto Conti, dal titolo “Venti di guerra e voci di pace“.

    «Non sono un analista politico, né un esperto militare, – ha esordito il parroco della Striscia di Gaza – ma da quasi trenta anni vivo in quei territori, a contatto con gli arabi». E’ la sua testimonianza di parroco e uomo di fede, dunque, quella che interessava la Caritas diocesana guidata da don Alberto Conti. Padre Romanelli è rimasto lontano dalla sua parrocchia, perché dopo l’attacco di Hamas dello scorso ottobre gli è stato impedito di tornare. Un rave party nel deserto, vicino al kibbutz di Re’im: centinaia di giovani, non solo israeliani ballano all’alba, quando irrompono i miliziani di Hamas. E’ un bagno di sangue: a causare vittime, stando alle ricostruzioni, anche la caduta di razzi partiti dalla Striscia di Gaza. Inevitabile la reazione da parte di Israele e cominciano i raid aerei su Gaza. Questo il racconto di Padre Romanelli, che ha aggiunto: «Se si viene attaccati la difesa è giusta e legittima, – forse il riferimento è anche alla crisi in Ucraina – ma la reazione deve essere commisurata e giusta. Purtroppo la maggior parte delle vittime è rappresentata da civili e bambini. Ci sono decine di migliaia di orfani e bambini che hanno subito mutilazioni. La guerra a volte è un male necessario, ma senza stare a cercare le colpe e le responsabilità, ora va chiesto e imposto, anche da parte delle autorità internazionali, il cessate il fuoco. Il Diavolo della guerra devasta quelle terre, ma non si può spegnere un fuoco usando la benzina».

    «Se anche la guerra cessasse adesso, – ha poi aggiunto padre Romanelli – le sue conseguenze sulla popolazione andrebbero avanti per molto tempo». Tre cose ha suggerito di fare il parroco di Gaza ai cristiani di Agnone che hanno seguito l’incontro: «Pregare, perché siamo credenti; diffondere la cultura della giustizia e della convivenza civile, un po’ quello che stiamo facendo questa sera con questo incontro organizzato dalla Caritas; poi arriverà il momento di organizzare dei corridoi umanitari, ad oggi ancora vietati, per far arrivare in quelle zone martoriate medicinali, cibo, coperte, beni di prima necessità per i civili, famiglie e bambini».

    Alla domanda di un giornalista sullo «strisciante sionismo» dell’Occidente, cioè sulla difficoltà di diversi ambienti culturali e politici a riconoscere legittimità all’esistenza stessa dello Stato di Israele, padre Romanelli ha risposto: «Certo che gli ebrei hanno diritto ad avere un loro Stato nazionale, ma questa terra non è solo di Israele. Anche i palestinesi hanno diritto di stare lì, un diritto naturale e preesistente alle decisioni della comunità internazionale. L’unica soluzione possibile è quella di due stati, uno israeliano e l’altro palestinese. E in questa ottica si inserisce il riconoscimento da parte della Santa Sede dello Stato di Palestina». Due popoli, due fedi religiose, una terra contesa e in mezzo i terroristi di Hamas che alimentano gli scontri armati e quindi la guerra.

    «Non tutti sono con Hamas, non tutta la popolazione araba, – ha aggiunto il parroco di Gaza – ma questa guerra continua allontana ogni possibilità di realizzazione di due stati nazionali». Al termine dell’incontro il direttore della Caritas, don Alberto Conti, ha sottolineato «una certa indifferenza rispetto a quanto sta accadendo, che registro anche all’interno della Chiesa».

    «Il senso di questi incontri, – ha chiuso don Alberto Conti – è proprio quello di rompere il muro dell’indifferenza, anche tra noi cristiani cattolici». La video conferenza con padre Romanelli è stata la prima di una serie di iniziative che la Caritas porterà avanti nelle prossime settimane: «Avremo un incontro con il parroco di Betlemme, – ha spiegato don Conti – con quello di Aleppo in Siria, e poi con il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme. Continueremo ad ascoltare le “voci della Pace” anche in questo mondo nel quale continuano a spirare venti di guerra».

    Francesco Bottone

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