«L’idoneità fisica e psicologica è necessaria per lavorare al servizio del Paese ma, quando si tratta di tutelare lo stato di salute del personale dell’Arma dei carabinieri, il discorso cambia». È quanto denuncia Unarma, associazione nazionale sindacale dei carabinieri, evidenziando come a diversi militari operanti nelle regioni Abruzzo e Molise, impegnati nel 2020 in una missione in Kosovo, siano stati negati fino a oggi i controlli sanitari previsti al ritorno dalle missioni all’estero come da protocollo. Visite necessarie e altamente consigliate, considerando che i militari in questione si sono trovati in uno dei Paesi con più alta contaminazione da uranio impoverito, col rischio di contrarre malattie tumorali e non aver la possibilità di diagnosticarle per tempo.
A distanza di oltre un anno dal ritorno in Patria, molti carabinieri sono stati completamente dimenticati dai responsabili dall’infermeria presidiaria della legione carabinieri Abruzzo e Molise, così il benessere del personale ignorato.
«Come carabinieri dobbiamo essere sempre al meglio delle nostre capacità ma se andare in guerra è per noi un dovere, la salute è invece un diritto così come per ogni cittadino e come tale è irrinunciabile e inalienabile. –
sostiene Antonio Nicolosi, segretario generale di Unarma – Lo Stato ha il diritto di tutelarci tanto in missione, quanto dentro i confini nazionali riconoscendo l’impatto che questo lavoro ha sulle condizioni del personale e i rischi di salute che l’uranio porta all’organismo: le Forze Armate e le Forze dell’Ordine sono composta da persone, non sono
solo numeri: non si può risparmiare sul diritto alla salute».