Mobilità passiva 1 – Trattato di Schengen 0. Non è il risultato di una partita di calcio, ma il paragone calcistico rende bene l’idea di quello che avviene nella “no man’s land“, la terra di nessuno a cavallo tra Alto Molise e Alto Vastese.
«Chiudiamo gli ospedali per risparmiare, ma state tranquilli, puntiamo sulla sanità territoriale». «La sanità si avvicina al territorio, senza intasare gli ospedali». «Telemedicina, infermiere di comunità», gli ormai famigerati «accordi di confine» tra Abruzzo e Molise che vedono, o meglio vedrebbero proprio per il “Caracciolo” un ruolo centrale e strategico. E altre cazzate del genere, raccontate ai cittadini da politici di ogni colore, da destra a sinistra passando per le cinque stelle ormai cadenti. Le abbiamo sentite raccontare da anni, poi capita che la realtà, giornalmente, è totalmente differente, diametralmente opposta. Gli accordi di Schengen, tornando all’attacco del pezzo, sono quell’insieme di norme e disposizioni, integrate nel diritto dell’Unione europea, volte a favorire la libera circolazione dei cittadini all’interno di Paesi Ue. Ma il Molise, che non esiste, e l’Abruzzo del Sud, che sta scomparendo a causa dello spopolamento, probabilmente non fanno parte dell’area Schengen, almeno così pare.
Perché se un paziente, magari anziano e fragile dell’Alto Vastese, quindi abruzzese, avesse bisogno dell’ospedale “Caracciolo” di Agnone per una prestazione sanitaria banale come ad esempio un tampone Covid propedeutico ad altri esami diagnostici, troverebbe le frontiere sbarrate, magari presidiate delle teste di cuoio. Mobilità passiva, la terribile espressione che terrorizza i manager, presunti tali, della sanità. Spieghiamo: un abruzzese che riceve una prestazione sanitaria in Molise costa di più, perché è fuori regione e dunque la Asl, l’azienda sanitaria, viene a sborsare più denaro non si capisce per quale astrusa e assurda ragione visto che il sistema sanitario è nazionale. Ugualmente per un molisano che volesse appoggiarsi ad una struttura sanitaria abruzzese. Non sia mai. Ospedali e buoi dei paesi tuoi. E così da Schiavi di Abruzzo o da Castelguidone ad esempio, che stanno a mezz’ora scarsa di viaggio dall’ospedale di Agnone anche con il ponte Sente chiuso per sempre, per fare un banalissimo tampone Covid ti spediscono presso quel che resta dell’ospedale di Gissi, l’ex feudo di sua eccellenza Remo Gaspari, pluriministro della Prima Repubblica targata Dc.
Il tampone Covid non necessita di apparecchiature sofisticate. E’ tipo il test di gravidanza: basta pisciarci sopra per avere il risultato. Il tampone Covid non funziona con l’urina, ovviamente, ma è sufficiente che un infermiere, opportunamente protetto dall’eventuale contagio, ti ficchi in gola e nel naso il famoso bastoncino ben strofinato sulle mucose e il gioco è fatto. Non è un intervento di microchirurgia vascolare. E’ un tampone. Tre o quattro secondi di “intervento”. Ma ad Agnone non lo fanno, o meglio, sicuramente non lo fanno agli abruzzesi e così il famoso paziente di Schiavi di Abruzzo deve salire in auto e farsi cento chilometri, cinquanta all’andata e altrettanti al ritorno, su strade tortuose e dissetate come se fossero state bombardate, per arrivare a Gissi ed essere sottoposto, finalmente, all’inutile tampone Covid.
L’alternativa ci sarebbe: il distretto sanitario di base di Castiglione Messer Marino, ma per inspiegabili motivi lì, che pure è Abruzzo e dunque non ci sarebbe il problema della mobilità passiva, i tamponi non si fanno. Serve un infermiere, il kit preconfezionato e monouso del tampone e un corriere che trasporti il materiale in un laboratorio attrezzato. Troppo complicato, a Castiglione non si è in grado di farlo. E Agnone, vade retro, accetterebbe eventualmente solo molisani di denominazione di origine controllata e garantita. Perché va bene Schengen, ma la mobilità passiva, vuoi mettere, vale di più. Parola di Asrem e Asl. E così dall’Alto Vastese bisogna sciropparsi cento chilometri per fare un tampone. Ammesso che l’anziano in questione sia in grado di guidare, abbia un’autovettura o possa permettersi di affittarne una con l’autista. E’ questa la sanità territoriale di cui tanto si è parlato? Sono questi i servizi sociali che meritano i residenti delle “terre alte” e di confine al di qua e al di là del Sente?
E mentre i cittadini, al di là o al di qua del ponte sul Sente, sono alle prese con questi problemi, con la burocrazia che vale più della salute e della sicurezza pubblica, i tre candidati sindaco di Agone parlano del nulla nel corso di un soporifero incontro all’Italo Argentino.
Francesco Bottone