Innalzamento del numero dei componenti delle squadre di cinghialai, il Tar Abruzzo ha rigettato la richiesta di sospensiva. Nelle scorse settimane l’Ambito territoriale di caccia del Chietino-Lancianese ha modificato le modalità esecutive della caccia in braccata. In particolare l’Atc ha innalzato il numero minimo di componenti delle squadre di caccia collettiva al cinghiale, portandolo a trenta, con la possibilità però anche di unire squadre confinanti. Una decisione motivata, secondo i dirigenti dell’ambito, dalla necessità di massimizzare gli abbattimenti di ungulati.
Contro quella deliberazione la squadra denominata “Lama dei Peligni” ha presentato un ricorso al Tar, impugnando così quanto deliberato dall’Atc. La squadra in questione chiedeva la sospensione dell’esecuzione del provvedimento dell’Atc. Nei giorni scorsi il Tribunale amministrativo regionale ha pronunciato l’ordinanza numero 334 del 2020.
«Pur riconoscendo la dubbia coerenza del numero minimo di cacciatori imposto per la formazione delle squadre con il dichiarato intento di implementare gli abbattimenti», si legge nell’ordinanza del Tar, i giudici amministrativi hanno respinto la domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento. Alla base di tale motivazione la constatazione che la squadra ricorrente nel corso dell’ultima stagione venatoria «non avrebbe registrato alcuna attività di caccia di selezione al cinghiale, non risultando verbalizzata alcuna uscita».
Dunque il Tar, con questa ordinanza, pone due questioni di rilevante importanza: non c’è alcun diritto acquisito e perpetuo delle squadre di cinghialai a praticare la caccia in una macroarea oggetto di assegnazione nel pregresso e ormai decaduto quinquennio e soprattutto che questa assegnazione è subordinata al conseguimento degli obiettivi gestionali. Nel caso specifico la squadra in questione non aveva mai fatto uscite in selezione e per questo motivo si è vista respinta la richiesta di iscrizione.