E’ la notizia che tiene banco da giorni, trend topic si dice nell’era dei social, ma è anche un problema matematico che ha suscitato più di una perplessità e soprattutto una vicenda che mette a nudo, ancora una volta, la macroscopica differenza tra chi vive in città e chi invece ai margini, in montagna, in Alto Molise magari. La storia di Giuseppina Giuliano, operatrice scolastica 29enne e campana del liceo milanese “Boccioni”, riempie le pagine di tutti i giornali in questi giorni. La giovane donna ha raccontato ai giornalisti di fare quotidianamente la pendolare tra Campania e Lombardia per mantenere il proprio posto di lavoro senza trasferirsi a Milano, dove gli affitti hanno raggiunto quote inavvicinabili per il suo stipendio da 1.165 euro. In estrema sintesi il costo del viaggio è conveniente, almeno dal punto di vista economico, rispetto alla spesa di un eventuale affitto nel capoluogo lombardo.
Potrebbe esistere un “caso” Giuseppina Giuliano nell’Alto Molise? E’ questo il punto della questione ed è infatti quello che si chiede, provocatoriamente, Gianluca Di Lonardo, project manager dell’evento “MontagnAperta” ospitato recentemente a Capracotta, “tetto” dell’Alto Molise e paese emblematico della situazione di marginalità delle aree interne di tutta Italia.
«I giornalisti d’inchiesta si sono lanciati in simulazioni d’acquisto dei biglietti di viaggio ed è partita una vera e propria “operazione verità” atta a smascherare Giuseppina, l’operatrice scolastica pendolare. – spiega Di Lonardo, nella sua riflessione affatto banale – Bisognerebbe però affrontare la questione da un altro punto di vista: oggi un qualsiasi abitante di un’area metropolitana può arrivare a pensare di salire su di un treno, raggiungere un’altra area metropolitana collegata dall’alta velocità, svolgere una mansione e tornare a dormire a casa sua. Provate ad immaginare se la giovane operatrice avesse vissuto in una delle tante aree interne o montane d’Italia: avrebbe potuto prendere un treno veloce? Avrebbe almeno potuto prendere un treno qualsiasi, un bus o un altro trasporto pubblico locale?».
Parla di accessibilità ai servizi, dunque, il project manager di “MontagnAperta”, e delle differenze di fruizione degli stessi tra chi vive nella civiltà cittadina e metropolitana e chi invece nella “montagna di mezzo” dell’Appennino. «Avrebbe potuto immaginare di accettare un contratto a cento chilometri di distanza dal suo territorio se non avesse avuto la patente, un’auto propria adatta ad ogni stagione e un bel po’ di coraggio a guidare in condizioni non sempre facili? – riprende Di Lonardo, parlando di un qualsiasi residente di Capracotta, Pescopennataro o di Castelverrino magari – Volendo citare Rumiz del 2009, è possibile che vi sia ancora una “Italia in seconda classe“? Possiamo trovare ancora contesti fermi al 1957 del “Viaggio in Italia” di Piovene?». Perchè, basta provare a prenotare un viaggio sul portale di riferimento delle ferrovie, in Molise è particolarmente difficile e complicato anche raggiungere il capoluogo di provincia o di regione se si abita in centri minori come Carovilli ad esempio.
Riflessioni non certo banali, quelle di Gianluca Di Lonardo, che mettono ancora una volta il dito nella piaga di un’Italia a doppia velocità; chi troppo e chi niente. «Se solo un decimo degli articoli dedicati alla notizia della operatrice scolastica pendolare sul Napoli-Milano descrivesse il tema complesso dell’accesso ai trasporti per tutti – chiude tranchant Di Lonardo – avremmo sicuramente una visione più coerente dei tanti contesti che compongono il Paese, troppo spesso incartato sui temi che affascinano il salotto di città e non la stazione di un piccolo paese».
Francesco Bottone