Un fuoco profondo, plasmatore di metalli e campane, ma anche un fuoco rituale, tra torce cerimoniali e motivante per l’intera comunità di luce in cammino; dal fuoco rurale, dei pastori, casari e tessitori al fuoco futuro, fatto di innovazione, tecnologie e cambiamento. L’elemento più antico e magico della storia dell’umanità, quasi soprannaturale, alimenta le speranze di Agnone e degli agnonesi di ottenere l’ambito riconoscimento del titolo di “Capitale italiana della cultura” per il 2026. “Fuoco, dentro. Margine al centro”, questo il titolo scelto per il dossier, ormai noto, un lavoro imponente e artistico, ma anche tecnico ed economico, che completa e perfezione la candidatura di Agnone e che è stato presentato, martedì pomeriggio presso l’esclusiva e affascinante sala di Palazzo Tirone, alla presenza delle autorità e del team che ne ha curato l’ideazione e la stesura con in testa il professor Francesco Paolo Tanzj.
«Tra cosmo e campanile, come scrisse un grande molisano, l’antropologo Alberto Mario Cirese, “con i piedi a terra e la testa nel mondo”» è una delle frasi utilizzate dalla docente dell’Unimol e coordinatrice del progetto, Letizia Bindi, nel corso della presentazione ufficiale del dossier. Un enunciato che ben simbolizza e descrive la determinazione e nello stesso tempo la speranza di Agnone di ottenere la giusta attenzione da parte della commissione ministeriale che dovrà assegnare il riconoscimento.
«Agnone 2026 è pensato come uno strumento di coinvolgimento culturale e sociale, di riduzione del cultural divide che che converge intorno a progetti rivolti ad un target group ampio» ha spiegato la Bindi. «È un margine che torna a farsi centro, – ha detto il sindaco Daniele Saia, parafrasando direttamente lo slogan del progetto – riscoprendo e valorizzando i tratti caratterizzanti di una profondità storica che dai Sanniti ci conduce fino alla storia recente passando per le biblioteche, le scuole, l’arte, le chiese, gli ordini religiosi, il patrimonio culturale e letterario». Insomma, una ghiotta occasione per e «l’osso del Paese: la montagna, l’entroterra, simbolicamente e concretamente contrapposti alla “polpa” delle coste e dei grandi poli metropolitani».
Lo spirito di rivincita e rivalsa delle zone interne e marginali, combustibile in più che alimenta la determinazione agnonese e che potrebbe essere il grimaldello giusto per fare breccia e convincere la commissione.
Il progetto si pone come catalizzatore di politiche, investimenti infrastrutturali e iniziative che distribuiscono il ricco calendario di eventi sul territorio che circonda la città, definito dal Gal Alto Molise, dalla Snai Alto e Medio Sannio, dal Consorzio AssoMaB e dalla Green Community intrecciandosi con una speciale effervescenza culturale e progettuale che caratterizza da alcuni l’area e destinata a proseguire fino al 2026.
«Agnone Capitale 2026 con il suo progetto “Fuoco, dentro. Margine al Centro” intende non solo attrarre turismo, energie, – hanno spiegato nella galleria dello storico palazzo risalente al 1200 – ma lavorare capillarmente sui talenti, sulla competitività, sui processi inclusivi, sullo sviluppo sostenibile orientato a un welfare innovativo, alla gestione consapevole della transizione climatica, delle economie fondamentali e della cultura come elemento connettivo fondamentale». E’ seguito il lungo elenco di attività ed eventi in programma, in Italia e in Europa fino a Bruxelles, e ideati nell’ambito del progetto che ha anche l’obiettivo di ottenere positive ricadute in termini di attrattività turistica, impatto economico, culturale e sociale e di sostenibilità.
Interessante il tema “Budget”: «Alle attività e interventi a base culturale previsti per Agnone Capitale Italiana della Cultura 2026 sono destinati quasi 2.8 milioni di euro per le spese operative, tutti aggiuntivi rispetto alle spese ordinarie per la cultura, che già superano i 17 milioni di euro. – hanno spiegato – Sono distribuiti dal 2024 fino al 2027, immaginando un programma culturale e un percorso di attivazione e abilitazione sociale di valorizzazione territoriale e di visione strategica che non si esaurisca nel 2026, ma si prolunghi successivamente con la sua legacy». Il dado è tratto, non resta che incrociare le dita.
Il vescovo di Trivento, Claudio Palumbo