Potrebbe non essere una notizia il fatto che due piccoli caseifici italiani chiudono. Nei primi nove mesidel 2023 hanno cessato l’attività 5468 imprese e per le ragioni più disparate, ma assuefarci a questo proprio non ci riesce.
E’ l’analisi a firma di Alessandro Fantini, direttore del sito web ruminantia.it, specializzato in zootecnia e filiera del latte, che, nel riprendere la notizia pubblicata qualche giorno fa da l’Eco, scrive. Abbiamo provato una profonda tristezza ma anche tanta rabbia. Il Molise è storicamente una regione difficile ma al contempo bellissima dove fare industria, commercio e agricoltura, e ha molte complessità anche perché, a mio avviso, non ha mai avuto un serio e organico piano di sviluppo, che non significa certo ricevere finanziamenti a pioggia che quasi mai alimentano veramente il progresso ma più spesso solo il consenso elettorale. Ho avuto modo di assistere all’olocausto degli allevamenti molisani perché messi in competizione con il prezzo del latte alla stalla con quello importato (latte e cagliate), nonostante le confezioni di formaggi e mozzarelle riportassero diciture riferibili a latte italiano o addirittura molisano. Non ho personalmente notizie di controlli effettuati e di indagini avviate per accertare i reati di pubblicità ingannevole, truffa o concorrenza sleale sulla realtà casearia molisana.
Di fatto molti allevamenti cessarono e tuttora cessano la loro attività perché non possono essere competitivi con i prezzi di latte e cagliate provenienti dall’estero e da altre regioni italiane. Scrissi nel 2019 su Ruminantia l’articolo ‘La storia dell’Isola di Pasqua e la storia del latte’, anch’esso in un momento di profonda rabbia e frustrazione, proprio sull’epopea molisana. Succede poi che quando gli allevamenti chiudono a farne le spese sono anche i caseifici seri, soprattutto se aziendali e artigianali, che invece non vogliono che la storia dell’Isola di Pasqua si ripeta, perché ben sanno che le eccellenze agroalimentari italiane hanno radici profonde nel territorio locale e nelle sue tradizioni, e quando qualcuna di queste viene recisa a morire è poi la pianta stessa. Ci auguriamo solo che la chiusura dei caseifici di Mario Antenucci e Pietrino Di Menna sia di monito per tutti.