Andrà forse al macero quel fortunato libro dal titolo “Il Molise non esiste” dopo l’ultima settimana di campagna elettorale per le regionali del 22 aprile: l’Italia della politica si è infatti trasferita in blocco nella piccola regione che fino all’altro ieri sembrava appunto non esistere,e oggi ha una visibilità mediatica inimmaginabile fino a qualche tempo fa. Molise esiste e chiama Italia: arrivano Di Maio, Di Battista, Martina, Salvini, Berlusconi, più la legione dei parlamentari leghisti sparsi sul territorio, tutti concentrati nei 4 giorni del rush finale.
Si riparte dal risultato del 4 marzo: ossia dal cappotto del M5S con il 44,79% e tutti i seggi conquistati, col centrodestra al 29,81% e il centrosinistra al 18,1% (e Leu, da sola, al 3,7%).
Intorno al candidato del centrodestra Donato Toma, commercialista in quota Forza Italia, lo scontro interno è tra Fi che parte dal 18% e la Lega che riparte dall’8,67% conquistato raccogliendo soprattutto gli ex voti di An. Matteo Salvini sembra ormai di casa in Molise ed è evidente che qui ha lanciato un’opa su Fi, sperando di fare il pieno dei voti e superarla.
Molto attivi sul territorio i leghisti calati da Roma chiamati da Salvini, in considerazione del fatto che nei grandi centri, ossia Campobasso, Termoli, Venafro, Isernia, Larino, dove si concentra il 50% della popolazione, sembra essere in vantaggio il voto grillino, più d’opinione, mentre nella campagna profonda il centrodestra tradizionalmente raccoglie più consensi. Ecco perché i vari deputati e senatori della Lega hanno fatto campagna elettorale tra Guardialfiera, Matrice, Longano, Portocannone. Più i mercati rionali tra Venafro o Campobasso.
Le speranze elettorali degli schieramenti si incrociano con le vicende romane e governative: anche Luigi Di Maio si sta spendendo tantissimo in questa campagna elettorale molisana e nelle scorse settimane ha battuto la regione in lungo e in largo, confrontandosi con varie categorie economiche, specie sulla più dinamica costa adriatica a sostegno del candidato M5s Andrea Greco. Corre di rimessa Carlo Veneziale, assessore Pd, appoggiato anche da Leu. Il Pd il 4 marzo ha preso il 15%, ma anche in casa dem guardano con attenzione alla diversa lettura tra grossi centri e piccoli paesi: anche nel 2011 quando il candidato dem Frattura perse di poco, il centrosinistra vinse nei centri urbani e perse tra le campagne. Frattura ha poi rivinto nel 2013 le elezioni ma non è stato ricandidato per questa tornata.
Quarto sfidante, intuibilmente con meno probabilità di essere eletto, Agostino Di Giacomo di CasaPound.