RICEVIAMO dalla FLC CGIL Molise e pubblichiamo:
«Lo diciamo da tempo: nella scuola molisana è in atto un drammatico spopolamento. I dati resi noti dall’USR Molise in occasione dell’incontro di informativa degli organici 2019/20 confermano il trend negativo per la nostra regione. Anche quest’anno si perderanno altri 908 alunni (787 in provincia di Campobasso e 121 in provincia di Isernia), e ciò porterà la popolazione scolastica regionale a 37.109 studenti. Si tratta della percentuale di decremento annuale più alta d’Italia (-2,38%), a fronte di una percentuale media nazionale che si attesta intorno all’ 1%. Se pensiamo che nel 2006 in Molise c’erano 47.335 alunni ci rendiamo conto delle dimensioni di questo fenomeno, sul quale la politica regionale dovrebbe interrogarsi. Il Molise, inoltre, nonostante la previsione di 14 posti aggiuntivi, resta la regione con la percentuale più bassa di classi in cui è attivato il tempo pieno (5,73%, a fronte di una media nazionale del 34%). Tale situazione, dovuta ad organici insufficienti ma anche a poca richiesta in virtù della mancata predisposizione da parte degli Enti locali di servizi opportuni (trasporti, mense scolastiche, locali adeguati etc), penalizza ulteriormente la nostra regione, e manifesta l’assenza di adeguate politiche per l’istruzione, un settore in cui da tempo manca una vera programmazione. Si naviga a vista, come testimonia l’ultimo piano di dimensionamento scolastico, approvato in extremis e senza alcun confronto con il mondo della scuola e con le organizzazioni sindacali. Tutta l’operazione si è rivelata una mera riorganizzazione numerica, che si riduce ad un atto amministrativo fatto senza una visione d’insieme, che non supera le tante criticità che avevamo evidenziato: presenza di Omnicomprensivi, pluriclassi, duplicazioni di indirizzi etc. La politica regionale e nazionale non può limitarsi a fotografare l’esistente, ma dovrebbe impegnarsi a rimuovere tali disparità di trattamento, in attuazione dei principi costituzionali. La direzione in cui si sta andando, invece, sembra diametralmente opposta: i progetti di regionalizzazione dell’istruzione messi in campo dalle regioni più ricche minano alla base l’idea di una scuola pubblica nazionale e mettono fortemente in discussione l’unità del sistema dei diritti. Lo ribadiamo con forza: regionalizzare l’istruzione significa disgregare il Paese. Regionalizzare i contratti, gli organici, i salari del personale della scuola, vuol dire subordinare la garanzia di un diritto alle risorse economiche della regione, dare di più alle regioni che hanno più soldi e meno alle regioni con meno risorse. I diritti non possono essere un bene limitato alle condizioni di dove si vive: in caso contrario il destino per il Molise, come per tutte le regioni più povere sarebbe già segnato. Ci mobiliteremo in ogni modo per fermare questo progetto disgregatore: vogliamo vivere un Paese solidale, che abbia una scuola di tutti e per tutti, dove anche i più poveri possano raggiungere i gradi più alti degli studi, proprio come dice la nostra Costituzione».