AGNONE. La pioggia e le bassissime temperature non hanno impedito la fiaccolata silenziosa voluta dalla Caritas diocesana di Trivento in occasione dei settant’anni dalla Dichiarazione universale dei diritti umani proclamata dall’Assemblea delle Nazioni Unita il 10 dicembre del 1948. A capeggiare il corteo, snodatosi lungo le principali strade di Agnone, il vescovo di Trivento, monsignor Claudio Palumbo.
All’iniziativa hanno preso parte donne, anziani, appartenenti alla società civile e una delegazione del Comune altomolisano composta dal vice sindaco, Linda Marcovecchio e dagli assessori, Edmondo Amicarelli e Annalisa Melloni. Tra i partecipanti anche il primario del reparto di Medicina del San Francesco Caracciolo, Giovanni Di Nucci che solo un mese fa ha denunciato il precario stato di salute in cui versa il nosocomio cittadino. Al tempo stesso troppe le assenze registrate per una iniziativa che ha inteso, o almeno ci ha provato, rilanciare la questione delle aree interne. Assenti ingiustificati il mondo della scuola, le associazioni, i giovani, i professionisti, il comparto economico (escluso qualcuno), per non parlare della classe politica regionale e provinciale totalmente latitante.
Alla fiaccolata non erano ammesse bandiere o simboli partitici, ma nessuno avrebbe impedito la partecipazione di esponenti che governano la società. Insomma, un’occasione perduta forse dovuta ad un gap di comunicazione (evento poco pubblicizzato), nonostante le pesanti difficoltà e sofferenze che vive l’intero territorio alle prese con una crisi imparagonabile nell’arco della sua storia. Un plauso a quel centinaio di valorosi, che sfidando le intemperie del meteo, hanno voluto esserci comunque. Significativa la sosta del corteo davanti il “Caracciolo”, che resta l’unico avamposto di zona a tutela della salute pubblica. E sintomatiche le parole di monsignor Palumbo tornato a chiedere maggiore attenzione per gli ultimi, per i disoccupati, per chi quotidianamente deve fare i conti con una condizione di precariato cronico che non permette, appunto, di vivere una vita dignitosa.
“Torneremo a chiedere un patto per il lavoro per favorire la nascita di cooperative, aziende, e attività lavorative di singoli cittadini. Chiederemo che siano fatti investimenti per dare ai nostri paesi la connettività veloce portando dappertutto la banda larga e la fibra ottica – ha ripetuto Palumbo -. Sono i nostri diritti, sono i diritti che dobbiamo riconquistare se vogliamo offrire a tutti, e particolarmente ai più giovani, l’opportunità di scegliere di restare qui, nei paesi nei quali sono nati e che hanno bisogno per vivere della loro energia e della loro intelligenza. Dobbiamo pretendere – ha aggiunto – che anche nei nostri territori di montagna siano garantiti i diritti di cittadinanza: una buona sanità con un presidio ospedaliero adeguato; la messa in sicurezza delle strade e opportuni trasporti su gomma; una scuola che assicuri a tutti il diritto allo studio; una fiscalità di vantaggio per sostenere le poche attività imprenditoriali e commerciali che ancora e tra mille difficoltà, resistono, le facilitazioni per aiutare le spese di riscaldamento delle famiglie, che nelle zone di montagna pesano enormemente sul bilancio di casa”. Diritti sacrosanti per un Paese che intende definirsi tale. Ancora una volta il disperato appello parte dalla Chiesa, in attesa che chi di dovere e titolato a farlo anche grazie a lauti stipendi, si passi una mano sulla coscienza. Amen.