RICEVIAMO dal Wwf Abruzzo e pubblichiamo:
«Finisce in tragedia l’ennesimo incidente di caccia nelle campagne abruzzesi: un uomo originario di Gessopalena è stato ucciso, stando alle ricostruzioni rese note dalla stampa, da un colpo di fucile sparato da cacciatori che partecipavano a una battuta al cinghiale poco lontano da dove la vittima era in cerca di tartufi. L’uomo è stato raggiunto al petto da un proiettile calibro 12 e a nulla sono valsi i soccorsi del 118. A rendere ancora più assurda la vicenda, la vittima portava con sé un fucile.
Solo pochi giorni fa il WWF Abruzzo era intervenuto a seguito dell’incidente avvenuto nel territorio di Montebello di Bertona, dove un uomo, uscendo di casa, era stato ferito a una gamba da un colpo di fucile sparato da un anziano cacciatore a circa 200-250 metri di distanza. L’Associazione aveva in quella circostanza segnalato per l’ennesima volta la pericolosità di avere un territorio ostaggio di cacciatori che si muovono indisturbati nelle campagne dove altri cittadini praticano sport, passeggiano, si dedicano a lavori agricoli e hobby, ed erano stati chiesti e auspicati maggiori controlli. Nel frattempo, purtroppo, non si è evitata la tragedia e un uomo, scambiato per un cinghiale da un gruppo di cacciatori, ha perso la vita.
La lista degli incidenti venatori in Abruzzo è lunga: lo scorso anno in Val Sinello un cacciatore fu ferito all’inguine da un colpo partito accidentalmente dal fucile di un amico; a Palombaro, invece, un altro cacciatore colpì un cinghiale senza ucciderlo e fu caricato dall’animale ferito. Più indietro nel tempo, nel 2013, si ricorda un ulteriore episodio finito in tragedia nelle campagne frentane: anche in quel caso a perdere la vita fu un uomo raggiunto da un colpo di fucile durante una battuta di caccia al cinghiale.
Troppi episodi più o meno gravi che coinvolgono sia cacciatori sia persone estranee all’attività venatoria e per i quali spesso si parla di “fatalità”, ma che invece in molti casi potrebbero essere evitati. Le cause degli incidenti sono il più delle volte da ricercare nel mancato rispetto delle distanze minime da strade e centri abitati (sono numerose le segnalazioni di pallini da caccia finiti a ridosso di abitazioni), dalla tendenza a sparare senza inquadrare con sicurezza il “bersaglio”, dalla pratica della braccata, un tipo di caccia tra le più cruente, che richiede comunque un grado di perizia maggiore e un’ottima conoscenza dell’habitat circostante e che può risultare ancora più rischiosa se praticata in zone frequentate da “civili”».
«Continueremo sempre a sottolineare come la caccia sia per molti aspetti incompatibile con altre attività di fruizione degli spazi naturali. – dichiara Filomena Ricci, delegato del WWF Abruzzo – È davvero assurdo che chi vuole fare un’escursione o una passeggiata in natura debba avere a che fare con persone armate che seminano piombo per le campagne e si debba preoccupare di non essere ferito o addirittura ucciso. Oggi gli ambienti naturali sono molto più frequentati rispetto a qualche decennio fa e molte persone amano vivere il contatto con la natura: tutto ciò è incompatibile con l’azione armata».
Il WWF Abruzzo chiede di «attuare con urgenza assoluta una serie di provvedimenti: incrementare l’attività di vigilanza, anche attraverso la nomina di nuove guardie volontarie delle associazioni di protezione ambientale; limitare l’uso di armi in grado di sparare a grandi distanze; effettuare maggiori verifiche sulle licenze di caccia, in particolare per le persone sopra i 65 anni di età; intensificare i controlli anche in ordine all’uso e alla detenzione di sostanze alcoliche prima e durante l’attività venatoria; vietare l’attività di caccia nei giorni festivi e nelle aree particolarmente frequentate da escursionisti e fruitori della natura».
stop alla caccia come avevano promesso i parlamentari del M5s