Via libera al panino in refettorio. Semaforo verde ai genitori che vogliono mandare i figli a scuola con il baracchino, la ‘schiscetta’ o, come si dice oggi, il lunch-box pieno di pietanze preparate a casa. Un’ordinanza del tribunale di Torino, depositata dopo mesi di battaglie giudiziarie, respinge un reclamo presentato dal Miur e, di fatto, autorizza chiunque lo desideri a rifiutare il servizio mensa.
La prima sezione civile (presieduta da Umberto Scotti) afferma che è un diritto garantito dalla Costituzione e, come si ricava dalla lettura del documento, vale per tutti, non soltanto per le famiglie che hanno promosso la causa. Il caso sta facendo discutere Torino da settimane. Alcuni genitori si lamentano dei prezzi, altri non si fidano completamente della qualità del cibo, altri ancora ne fanno una questione di principio.
Ad agosto Comune di Torino, Regione Piemonte e amministrazione scolastica sono stati colti in contropiede dalle prime pronunce dei magistrati e ora studiano come attrezzarsi. “In ogni caso – spiegano gli avvocati dello studio Vecchione, che hanno patrocinato i 58 ricorrenti – sono obbligate a seguire punto per punto le disposizioni. I bambini, per esempio, devono mangiare tutti insieme nello stesso locale, quelli con il lunch-box e quelli con il menu standard, sotto la sorveglianza dei docenti. La mensa è un momento formativo e non può dare origine a discriminazioni”. Il 20 settembre l’assessore comunale Federica Patti e l’assessore regionale Giovanna Pentenero incontreranno il direttore generale dell’Urs, Fabrizio Manca, e i rappresentanti dei dirigenti scolastici.
“Le sentenze – dice Manca – si rispettano e si applicano, ma non si possono pretendere tempi brevi per una macchina organizzativa così complessa. Le mie priorità sono tutelare la sicurezza dei bambini ed evitare che per la scuola si crei un aggravio di responsabilità per rischi che non può controllare”. Il Comune di Torino ha già chiarito che il ‘sistema misto’ scatterà il 3 ottobre.
Per il momento, a sentire i commenti dei genitori, molte scuole – soprattutto in provincia – si stanno regolando a modo loro, e allo studio Vecchione si fanno in quattro per dispensare documenti e indicazioni (“inviate il modulo e, da quel momento, non ritirate vostro figlio dal tempo mensa”). Le ordinanze dei magistrati torinesi (ce ne sono state diverse) ora sono esecutive. E sono destinate a fare scuola nelle tante città dove la discussione è in atto da tempo ma ancora non ci sono state iniziative giudiziarie: la Coldiretti ha pubblicato uno studio secondo cui un italiano su cinque è insoddisfatto delle mense scolastiche. Il Miur, comunque, ha già incaricato l’Avvocatura dello Stato di interpellare la Cassazione. Sergio Chiamparino e Giovanna Pentenero, presidente e assessore regionale, “prendono atto con preoccupazione del nuovo pronunciamento del tribunale” e auspicano “una legge nazionale”. L’interpretazione di Antonio Saitta, assessore regionale alla Sanità, non combacia con quella dei giudici: “Non esiste un ‘diritto costituzionale al panino’. Prima viene il diritto all’equità e alla salute. Abbiamo il dovere di tutelare la maggioranza dei cittadini che utilizzano il sistema mensa pubblica. Se c’è un problema di tariffe, di qualità e di gradimento, aumenteremo le attività di verifica. Siamo disponibili al confronto con i genitori”.