«Le solite chiacchiere alle quali ormai non credo più». Parola di don Alberto Conti. Per far perdere la speranza e anche la pazienza ad un sacerdote di montagna come don Alberto ce ne vuole. I politici molisani sono riusciti in questa difficile impresa.
Accordi di confine “sbianchettati“, mozioni votate all’unanimità, per l’ennesima volta, in Consiglio regionale, per chiedere al Governo centrale e al Ministero della Sanità di salvare il “Caracciolo” di Agnone facendolo diventare finalmente, realmente, concretamente un ospedale di area disagiata. Manifestazioni di piazza, proteste a Campobasso o ad Agnone, fiaccolate con a capo il vescovo della diocesi, sia monsignor Scotti che l’attuale titolare monsignor Palumbo. Un film già visto, un copione già recitato, che non lascia spazio all’ottimismo. E’ questa la sintesi del pensiero di don Alberto Conti, direttore della Caritas diocesana di Trivento, da sempre in trincea accanto agli ultimi e in difesa del territorio e quindi dell’ospedale “Caracciolo”.
Lo abbiamo incontrato per caso nel Villaggio San Vito a Castelguidone, al di là del confine abruzzese, ma ad un tiro di schioppo dall’Alto Molise. Lì sta tentando di far diventare produttivo e fruttuoso un villaggio realizzato con i soldi delle offerte della Caritas. Una struttura ricettiva, dotata di posti letto, cucina e salone per convegni o banchetti, nuova e pronta all’uso, che resta così abbandonata da anni perché «non c’è nessuno che voglia lavorarci».
E’ tutto pronto, chiavi in mano, per aprire una pizzeria, una trattoria, un piccolo ristorante, con la possibilità di ospitare persone a dormire. Turismo religioso o congressuale. Un’idea formidabile, realizzata concretamente, ma inutilizzata, ferma al palo, perché manca un benedetto gestore. Ma abbiamo parlato di altro con don Alberto, che nonostante sia un uomo di profonda fede ci è parso amareggiato e a tratti rassegnato al progressivo spopolamento dell’entroterra. Uno sfogo informale, se vogliamo, quasi una “confessione”, ma consapevolmente fatto ad un giornalista, perché forse è più utile se reso pubblico.
«Mozioni, manifestazioni, fiaccolate, proteste, possiamo fare e le abbiamo fatte da sempre, anche in solitaria, tutte queste cose, anche gli accordi di confine, ma temo che alla fine daranno all’Alto Molise e all’Alto Vastese il solito contentino e tutto resterà come sempre, come prima, come adesso. – confessa il sacerdote al cronista – L’unica cosa da fare, seriamente, che darebbe uno scossone a livello di istituzioni con un risalto nazionale e forse anche internazionale, a mio avviso, è questa: tutti i sindaci dell’Alto Molise e dell’Alto Vastese dovrebbero riconsegnare la fascia in Prefettura rassegnando le proprie dimissioni, perché non è possibile amministrare un territorio così, senza servizi, senza ospedale, senza strade, senza scuole. Non è una situazione da paese civile questa e dunque i sindaci dovrebbero dimettersi in blocco, tutti insieme, all’unisono, per creare un serio e concreto problema di gestione e tenuta istituzionale sul territorio. Questa sarebbe una protesta sensata, non la protesta con megafono davanti al Consiglio regionale che , ripeto, va anche bene, ma lascia il tempo che trova».
Insomma, un don Alberto in versione “sovversiva”. Una vera e propria sfida al potere delle Prefetture e del Governo, passando per Provincia e Regione. Non ci date servizi? E allora venite a governare e a gestire voi il territorio, perché noi sindaci siamo stufi e ce ne andiamo a casa. Questa è la provocazione di don Alberto, uno sfogo magari, ma pur sempre un’idea di lotta sociale lanciata ai sindaci da uno dei più lucidi cervelli pensanti dell’Alto Molise-Vastese. Un uomo del fare, emanazione concreta della Provvidenza, che aiuta e sfama, letteralmente, centinaia di famiglie di Agnone e dei paesi vicini. La sfida ai sindaci è lanciata…
Francesco Bottone