Le supreme magistrature dello Stato, con ben due sentenze, danno chiare indicazioni di allargare le maglie di interpretazione della legge quadro sulla caccia, con particolare riferimento al controllo della fauna selvatica, facendo operare anche il personale volontario opportunamente formato; la Regione Abruzzo fa l’esatto contrario. Risultato: paralizzata l’attività di controllo dei cinghiali coordinata dalla Polizia provinciale sul territorio.
L’obiettivo politico era probabilmente quello, per motivi che sfuggono ai più e alla più elementare logica, ed è stato centrato in pieno. A far data da oggi, con la pubblicazione sul Bura della modifica dell’art. 44 LR 10/2004, in attesa di nuove disposizioni operative da parte dall’assessorato regionale retto da Emanuele Imprudente, scatta la sospensione delle attività di prelievo dei cinghiali condotte in base alla DGR139/2019 Regione Abruzzo. Non si spara più, non si abbatte più.
In attesa di nuove indicazioni operative da parte della Regione, dunque, al momento possono operare, cioè abbattere cinghiali, solo gli agenti della Polizia provinciale, una dozzina di persone in tutto l’Abruzzo forse, e le guardie venatorie, un’altra decina di persone. Tutti gli altri, personale formato e volontario, posso appendere le carabine al chiodo. Di fatto le attività subiranno un inevitabile stop. Gli agricoltori, invece, quando vedranno divorate le proprie colture, potranno ringraziare l’assessore Imprudente e il resto della maggioranza che amministra la Regione Abruzzo.