In merito ai primi casi accertati di peste suina sul territorio nazionale, riceviamo la seguente nota a firma delle associazioni del mondo venatorio, contenente un «invito a tutti i cacciatori e cittadini a collaborare con le autorità nazionali, le Regioni e le ASL per dare il proprio contributo a debellare la malattia».
«Non è un rischio per la salute umana, ma le sue ricadute sull’uomo e l’ambiente possono essere comunque pesanti. Stiamo parlando della Peste Suina Africana, che dopo aver colpito altri Paesi del Centro ed Est Europa ha fatto la sua comparsa anche in Italia. Il virus colpisce solo i cinghiali e i suini domestici, ma è aggressivo, permane a lungo nell’ambiente e un contatto diretto o la contaminazione di indumenti o calzature con sangue o secrezioni infette possono scatenare la sua diffusione. A rischio prima di tutto gli allevamenti di suini e di conseguenza tutta la filiera ad essi legata, che in Italia significa anche eccellenze alimentari che costituiscono una voce importante del nostro export e dell’economia legata all’agroalimentare, già messa a dura prova da anni di Covid.
Il nostro pensiero e la nostra vicinanza vanno innanzitutto agli agricoltori e agli allevatori, ma le conseguenze, anche sociali, di una nuova crisi sarebbero pesantissime per tutto il Paese. Ovviamente anche l’attività venatoria ne subirebbe pesantissime conseguenze. Consapevoli di questo, le scriventi associazioni si rivolgono a tutti i loro tesserati e associati, ai cacciatori e in generale a tutti i cittadini per invitarli a contribuire concretamente ad uscire da questo stato di rischio.
Una delle attività più importanti per il contenimento e per impedire la diffusione della malattia è il monitoraggio del territorio, in particolare dei confini delle zone di sorveglianza, per segnalare prontamente alle autorità la presenza di carcasse di cinghiali in modo che possano immediatamente provvedere alla rimozione ed alla relativa analisi.
L’azione oggi più efficace per arrestare il contagio è la tempestività nell’individuare carcasse potenzialmente infette: più ore queste restano sul territorio e più l’infezione si diffonde, causa anche l’azione di altri selvatici che se ne nutrono e contribuiscono a veicolare il virus.
Le autorità nazionali e quelle regionali, non solo nelle zone dove si è rilevato il virus, si stanno organizzando per dare indicazioni precise su come svolgere questa attività e coordinarla al meglio. Riteniamo inoltre che le misure di prevenzione che verranno adottate per limitare il propagarsi dell’infezione debbano provenire da linee guida nazionali e quindi essere definite con chiarezza, in modo tale che i provvedimenti conseguentemente adottati rispondano a criteri di efficacia ed appropriatezza rispetto agli obiettivi da raggiungere.
L’invito dunque è quello di mettersi a disposizione delle autorità locali per partecipare alle azioni di controllo del territorio. Dimostriamo insieme, ancora una volta, che quando è necessario mobilitarsi per la società, per il territorio e per la fauna i cacciatori sono sempre in prima fila e costituiscono una risorsa insostituibile di rilevante efficacia e tempestività».