«Più che di riprogrammazione, io parlerei di una dilapidazione vera e propria».
Non ci va tanto per il sottile Andrea Greco, capogruppo del Movimento 5 Stelle in Consiglio regionale, intervistato da Primo Piano Molise.
L’argomento esplosivo è quello che agita, e non poco, le comunità che vivono – o forse sarebbe meglio dire sopravvivono – nelle aree interne.
Il terzo lotto della Fresilia. Come ormai noto, i 40 milioni che avrebbero dovuto servire al completamento della transcollinare per congiungere la strada a valle di Civitanova del Sannio fino a Sprondasino – consentendo il collegamento veloce con il capoluogo di regione, l’asse Bifernina-Trignina, uno sbocco migliore sotto il profilo della viabilità con l’Abruzzo – saranno riprogrammati stante l’impossibilità, nella tempistica richiesta per evitare di perdere il finanziamento, di completare gli iter. Che consistono principalmente nella rimozione dei vincoli ambientali e paesaggistici che insistono su una parte del tracciato, fra Duronia e Bagnoli del Trigno.
«Dico dilapidazione dei fondi perché quei 40 milioni si perderanno in mille rivoli e visto che ci approssimiamo alla campagna elettorale saranno utilizzati, presumo a questo punto, a fini puramente elettoralistici per fare quei classici interventi spot nei comuni, che serviranno solo a tagliare qualche nastro ma che non lasceranno assolutamente nulla sul territorio. Si rinuncia a un’opera strategica a fronte del nulla, quindi non è una riprogrammazione ma una dilapidazione».
Cosa significa per le aree interne, per l’alto Molise, questa decisione?
«È un ulteriore schiaffo in faccia, da parte di una classe politica totalmente inadeguata a programmare il futuro da qui a vent’anni. Oggi in Molise l’orizzonte si restringe ai prossimi venti giorni, al prossimo appuntamento elettorale».
I fondi destinati alla Fresilia ormai decenni fa sembra saranno spalmati su opere di viabilità che riguarderanno l’intera regione. C’era un’altra decisione che si sarebbe potuta assumere a fronte della ormai certa riprogrammazione di quei 40 milioni, secondo lei?
«Certo che sì: l’unica strada possibile, e che si doveva percorrere fino alla fine, era quella di utilizzarli appunto per la realizzazione della Fresilia. Altrimenti, come si dice, facciamo l’arte dei pazzi. Saliamo su un grattacielo a piedi, arriviamo all’ultimo piano e decidiamo che siccome non ce la facciamo più, riscendiamo a terra. Questa è follia amministrativa, che naturalmente avrà delle serissime ripercussioni sul territorio».
I vincoli ambientali e paesaggistici insistono su quella parte di tracciato da decenni. Il tempo per gli iter necessari alla loro rimozione si sarebbe potuto trovare e non di certo ‘in zona Cesarini’. Quale la sua lettura politica di questa vicenda?
«Non c’è stata la volontà politica, la verità è questa. Perché i vincoli erano prima di tutto di natura regionale quindi bisognava semplicemente riscrivere un piano eliminando le aree interessate da quelle sottoposte a vincolo. Ma doveva farlo la Regione prima di tutto. Una situazione, quella che si è determinata, che chiaramente traccia una linea: questa politica non vuole investire nelle opere strategiche ma preferisce fare interventi spot, a cadenza elettorale precisa. Naturalmente è la loro visione che, fortunatamente, tra un po’ sarà il passato. Se dovessimo andare al governo regionale, di certo noi ci batteremo per la realizzazione di quest’opera».
Un epilogo che si sarebbe potuto scongiurare, secondo lei ci sono delle precise responsabilità?
«Certo che sì. Questa vicenda porta la firma dell’intero Esecutivo regionale, quella del presidente Toma ma il ‘primo firmatario’ è l’assessore Vincenzo Niro. Ma la colpa è anche di tutta la maggioranza di centro-destra che, a opera finanziata cioè che doveva partire con la cantierabilità, non si è opposta nei fatti alla decisione di riprogrammare i fondi, alla scelta assunta di non perseguire l’obiettivo con determinazione e impegno, facendo il possibile e l’impossibile. Ricordo che in Aula, tra l’altro, hanno bocciato la nostra proposta che puntava proprio all’eliminazione dei vincoli ambientali e, se necessario, al commissariamento dell’opera. La nostra proposta era l’unica che avrebbe portato effettivamente alla realizzazione del terzo lotto. I colpevoli ci sono, hanno ancora l’arma fumante fra le mani. E sono Toma, i suoi assessori e i consiglieri di maggioranza e, ultima ma non per ultima, la Provincia di Isernia».