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  • Vita da operaio-pendolare su strade da Terzo mondo e turni massacranti, ma la fabbrica resta una certezza

    AGNONE – Lavorare in fabbrica è diventata la massima aspirazione di un giovane neo diplomato residente in Alto Molise. Le più gettonate sono quelle della Val di Sangro, la Sevel, in particolare, l’azienda Fiat che con oltre 6mila dipendenti produce veicoli commerciali esportati in tutto il mondo. Chiusa la stagione dei posti statali foraggiati dalla Democrazia Cristiana  che di fatto ha ammazzato artigianato e l’agricoltura locale, se oggi un giovane vuole rimanere a vivere nelle aree interne pensa ad un posto da metalmeccanico. In tempi di forte recessione economica, con il lavoro divenuto una chimera, è quanto passa il convento. Prendere o lasciare. Ma essere assunti con un contratto interinale (una volta si diceva a tempo) non è del tutto scontato.

    A spiegarlo sul pullman che lo conduce al primo turno,  è Emanuele Cimone, sindacalista Uil, operaio in Sevel dal 1995.  “Se in passato lavorare in Sevel non richiedeva grandi requisiti, oggi occorre un diploma da perito industriale con un voto medio alto – ammette quasi sottovoce per non disturbare i colleghi che approfittano del viaggio  per riposare prima delle otto ore sulla catena di montaggio –. Contrariamente è molto difficile sperare in una chiamata che avviene tramite agenzie (Gi Group, Manpower, Adecco, Randstad)”. Centotrenta le tute blu  che dai centri del Molise altissimo quotidianamente raggiungono le fabbriche della Val di Sangro percorrendo centoquaranta chilometri, tra andata e ritorno, su arterie dissestate e piene di tornanti.

    “L’inverno è la stagione peggiore – riprende Cimone – tra neve, ghiaccio e mancanza di mezzi spazzaneve e spargisale,  spesso siamo costretti a non poterci recare sul posto di lavoro, mentre a volte capita di rimanere bloccati in mezzo a vere e proprie bufere di neve. Tuttavia la ciliegina sulla torta, anche se capita di rado, è quando si rompe il pullman lungo la tratta”. Nei mesi scorsi proprio Cimone è stato protagonista di una durissima reprimenda in fatto di viabilità. Chiamate in causa le istituzioni quali le Regioni Molise e Abruzzo e le Province di Chieti e Isernia. “Volete sapere come è andata a finire? Non ci hanno neppure risposto – replica con un sorriso sarcastico -. Sono anni che chiediamo interventi su un percorso che definire da Terzo Mondo è un eufemismo. Poi però parlano di lotta allo spopolamento, di emorragia di residenti nelle aree interne. Se oggi molti giovani abbandonano i nostri comuni – articola – è  dovuto al fatto di non avere una viabilità per lo meno decente”.

    Dello stesso avviso Filippo Gigliozzi, un ragazzone dal sorriso contagioso e operaio Sevel sul turno di notte. “Ancora ci stiamo chiedendo che fine abbia fatto lo sbocco sul Sangro – sottolinea alle 7,15 di mattina di rientro dal lavoro – un’opera che ci permetterebbe di raggiungere la piana di Atessa in meno di mezzora. Ma forse sarebbe chiedere troppo a politicanti dell’ultima ora che non perdono occasione, soprattutto in campagna elettorale, per riempiersi la bocca di promesse mai mantenute”.

    La vita da pendolare inizia prestissimo. Sul turno di mattina la sveglia suona alle 3,30. Neppure il tempo di un caffè che il pullman della Sati (un decennio fa si viaggiava in auto), partito da Carovilli,  preleva le maestranze (ora 4,20) in piazza Unità d’Italia. Sessanta minuti di viaggio, otto di lavoro e nuovamente sul mezzo che rientra ad Agnone alle 15,25. Il fine corsa venti minuti più tardi sempre a Carovilli. Identico discorso sugli altri due turni. Per il pomeriggio la partenza è fissata alle 12,15, per quello di notte alle 20,30. Orari che sballano il ciclo naturale della vita. Ma a lungo andare ci si abitua. Lo stipendio, unica ragione per cui si accetta di lavorare in Val di Sangro, non è male. Millequattrocento euro sui due turni (mattina e pomeriggio), 1800 per chi fa tutte notti, escluso gli eventuali assegni familiari.

    “Siamo come vampiri che vediamo il sole solo nel fine settimana. Se di notte lavoriamo, di giorno per forza di cose dobbiamo riposare” le dure parole di Antonio Colato, promessa del calcio locale, sposato con due figli, finito a lavorare di notte in una fabbrica che produce componenti per SEvel. Davvero poche le alternative se non quella di emigrare come accadeva nei primi anni del dopoguerra.

    “Oggi la Val di Sangro è divenuta una sorta di Eldorado che permette a molti ragazzi di poter costruirsi un futuro, una famiglia e mandare i propri figli all’università” confida Germano Masciotra, consigliere comunale di Agnone, due figlie all’università e da 25 anni operaio Sevel e sindacalista Fismic. Ai centotrenta che partono dall’Alto Molise bisogna aggiungere un altro centinaio di persone dell’alto Vastese. Numeri meritori di un’attenta riflessione e che continuano a mantenere in vita un’area la quale rischia la desertificazione.

    “Il problema serio restano le strade  malmesse, o meglio la tratta che da Agnone a Villa Santa Maria per imboccare la fondovalle Sangro. Occorrono interventi urgenti  che a nostro avviso potrebbero risolversi con il taglio di qualche tornante e un nuovo tappeto di asfalto – riprende Masciotra -. Purtroppo la litania che sentiamo raccontarci anche noi amministratori dei comuni è sempre la solita: non ci sono fondi, salvo poi scoprire che vengono investiti per opere inutili. Tutto ciò è inammissibile e non giustificato soprattutto per chi vive in posti già depauperati da servizi essenziali come sanità, trasporti e scuole”.

    Appunto le scuole. Agnone, grazie all’Istituto tecnico industriale statale, vanta l’unico indirizzo meccanico in provincia di Isernia, eppure non si registrano progetti di alternanza lavoro con le aziende della Val del Sangro. Un’opportunità che andrebbe sfruttata ma ancora non recepita da chi di dovere. Così il persistente calo demografico di iscrizioni compromette l’esistenza dello stesso istituto che nel frattempo continua a “sfornare” validi periti industriali. A riguardo latitante una politica sui trasporti con i centri limitrofi per favorire linfa vitale, gli studenti, agli istituti superiori del capoluogo altomolisano.

    Viadotti in fin di vita – Giunti divelti, tappetino di asfalto quasi inesistente, cunette piene di erbacce, buche simili a crateri, piloni il cui stato di salute è approssimativo. Non solo il disastroso collegamento con la fondovalle Sangro. L’ultima radiografia prodotta si riferisce ai due imponenti viadotti (Verrino e Longo) che da Agnone e viceversa conducono a Isernia e nei centri del chietino. Lo stato in cui versano è sotto gli occhi di tutti e mette a repentaglio l’incolumità di chi quotidianamente li percorre con auto, mezzi pubblici o di soccorso. Entrambi ricadono sotto la gestione della Provincia di Isernia, ente con i conti in rosso e per questo  inadempiente agli accorati appelli di automobilisti e amministrazioni locali. Eppure meriterebbero manutenzione e interventi strutturali repentini.

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