AGNONE. “Desidererei che quel corteo di ambulanze con lampeggianti accesi che hanno squarciato la notte di lunedì 6 aprile, si verificasse ancora, questa volta riportandoci i nostri nonni”.
Miriam Bocchetti, operatrice socio-sanitaria della ‘Tavola Osca’, struttura balzata agli onori delle cronache per i 23 casi accertarti di coronavirus, tra ospiti, personale e familiari, parla con tono sommesso. Ha appreso della scomparsa della nonna di Belmonte del Sannio, ricoverata al Cardarelli di Campobasso, che ha assistito con amore e cura fino al trasferimento, voluto dall’Asrem, al Santissimo Rosario di Venafro. “Quella notte e quelle immagini non le dimenticherò mai. Sono state le ore più pesanti degli ultimi giorni anche dopo aver appreso della mia positività al Covid – 19”.
Dalla quarantena di casa, dove è relegata dal 6 aprile scorso, Miriam, mamma di tre bambini, dice di stare benone. “Non ho tosse o febbre, ho perso l’olfatto, ma quello che fa più male è altro”. Impossibile nascondere l’amarezza e l’impotenza davanti quanto accaduto. “Siamo stati lasciati soli, abbandonati quasi da tutti soprattutto perché io e le mie colleghe non siamo infermieri o medici e certe situazioni andavano gestite da personale specializzato che purtroppo non c’era. Abbiamo fatto il nostro lavoro fino in fondo, ne vado fiera e lo rifarei altre mille volte. Speriamo che i nostri sacrifici possano servire a farci rivedere i nostri nonni che in tutto ciò non hanno alcuna colpa”.
Alla domanda se immagina o sa come il virus sia entrato nella casa riposo di via Pietro Nenni, dall’altro capo del telefono, Miriam replica: “So solo che dagli inizi di marzo, appena scoppiata l’epidemia, la struttura ha adottato tutte le misure indicate da chi di dovere per non consentire a nessuno di entrare tranne che ai medici di base i quali hanno sempre adottato i dispositivi di protezione individuali”.
Per un istante ripercorre la vicenda delle cucine chiuse che di fatto ha costretto l’Asrem ad entrare in gioco. “Con un quadro precipitato vista la stragrande maggioranza degli ospiti colpiti da febbre e diarrea, la sensazione è stata quella che anche i titolari della casa hanno perso di mano il dà farsi. La decisione di chiudere le cucine è stato quindi un gesto eclatante per richiamare l’attenzione delle massime autorità, questo ho percepito”.
Un grazie particolare, Miriam, 40 anni, sente di rivolgerlo, oltre che ai medici di base Gianfranco D’Andrea, Francesco Bianchini e alla dottoressa Giuliana Di Lullo di Isernia, alla sua famiglia, ed in particolare al marito al quale ha trasmesso il virus. “La mia famiglia mi è stata sempre vicina e oggi continua a trasmettermi la forza per andare avanti e guarire”.
Malgrado soffra per non vedere i bambini è consapevole che questa storia finirà con l’augurio di poterli riabbracciare quanto prima insieme ai ‘suoi’ nonni e nonne che l’hanno adottata come nipote insieme alle altre operatrici della casa, oggi in quarantena come lei. “Ci sentiamo tutti i giorni tramite cellulare e ci facciamo coraggio a vicenda”.
Nessuna telefonata da parte di amministratori o politici escluso il consigliere regionale Andrea Greco che, rammenta Miriam “si è fatto sentire più volte per sapere come andava e se poteva essere utile alla causa”. Infine sulla questione di chi fosse il direttore sanitario della struttura, l’Oss agnonese, rimarca: “Da quanto ne so la residenza per anziani non prevede una simile figura che sarebbe entrata in gioco nel momento in cui la struttura avrebbe ricevuto un eventuale accreditamento dalla Regione per diventare residenza sanitaria assistita”. Se tutto andrà bene, il 20 aprile, Miriam uscirà dalla quarantena. Auguri e in bocca al lupo.