«Ieri sono stato per l’ultima volta in quello che fino a domenica è stato il mio ufficio da Presidente della Provincia. Si chiudono quattro anni impegnativi ed entusiasmanti in Provincia. Ho avuto modo di conoscere a fondo il nostro territorio provinciale, le sue bellezze, il suo fascino, ma anche le sue fragilità e criticità. Penso, in particolare, alle aree interne e alle zone più disagiate, a cui ho cercato di dedicare in modo speciale il mio impegno amministrativo, provando a migliorare la nostra viabilità provinciale, consapevole di quanto sia vitale per certe zone».
Inizia coì il saluto di commiato dell’ex presidente della Provincia di Isernia, Alfredo Ricci, che dopo la tornata elettorale di domenica cede lo scranno più alto di via Berta all’eletto neo presidente Daniele Saia. Spazio, poi, all’analisi del voto: «Il risultato elettorale di domenica politicamente mi lascia soddisfatto. Siamo maggioranza in tutta la Provincia. Infatti, siamo usciti vincitori sia nella fascia Isernia-Venafro (quella “più politica”, dove abbiamo avuto 27 voti, a fronte dei 23 del mio sfidante) sia in quella dei piccoli Comuni (dove il risultato è stato di 276 voti per noi e 163 per l’altro candidato), mentre soltanto ad Agnone comprensibilmente abbiamo ricevuto meno consensi (il dato è di 10 a 3 per il mio competitor, che, però, è Sindaco di Agnone). In totale, 306 amministratori comunali hanno votato per noi, a fronte di 196 che hanno votato per il mio sfidante, che poi è risultato eletto Presidente per una minoranza che, tuttavia, è diventata maggioranza aritmetica grazie al meccanismo del voto ponderato, previsto dalla famigerata legge Delrio del 2014».
Per la serie, Ricci ha preso più voti, ma ad essere stato eletto è Saia. Questo il succo dell’analisi elettorale fatta dall’ex presidente.
«Non siamo riusciti a centrare l’obiettivo della rielezione, anche perché qualcuno chiaramente non ha fatto quanto poteva, ma la politica di prospettiva e di squadra non è da tutti. Questo ovviamente lascia un po’ di amarezza, tanto più perché i numeri politicamente dicono altro» chiude Ricci.