Un coro unanime di no alla decisione presa dal vescovo di Trivento, Claudio Palumbo e impartita ai sacerdoti dalla diocesi di concedere locali e spazi appartenenti alla Chiesa solo ed esclusivamente per attività pastorali. La notizia non è andata affatto giù, in particolare ad Agnone, il centro più popoloso della diocesi dove gli immobili appartenenti alla curia sono innumerevoli. Strutture come chiese, sale, slarghi, garage concessi per iniziative culturali, ludiche, sociali, concerti, rappresentazioni teatrali e in qualche caso anche per incontri politici al di là di qualsiasi appartenenza partitica. Da oggi, vista la nuova disposizione di Palumbo, che a sua volta ha recepito le indicazioni della Cei dopo i fatti accaduti in provincia de l’Aquila con la morte di una bambina di 12 anni, tutto ciò non sarà più possibile. E sui social si registra un nubifragio di commenti da parte di cittadini che senza mezzi termini si scagliano contro il monsignore. In molti rievocano il periodo dei frati cappuccini quando i francescani spalancano le porte ai giovani per svolgere attività di aggregazione e confronto su svariati temi.
“Si aprivano le porte delle strutture che permettevano a tanti ragazzi e famiglie di incentivare idee e sani principi in tutti i campi, dallo sport alla cultura – scrive Umberto -. Era una comunità vera, fiorente. Se questa Chiesa perde la capacità di concedere gli spazi per coltivare idee non necessariamente pastorali, ma che fanno comunione, allora si è deciso di suicidarsi. Certe disposizioni sono autolesive”.
“Decisione francamente incomprensibile. In tempi di revisionismo storico, questa posizione sembra andare in quella direzione – rimarca Luigi, professione psicologo -. I locali dovrebbero essere aperti, fuori dagli orari di culto, a tutte le manifestazioni che possano far crescere non soltanto spiritualmente la popolazione. Intendo ribadire il concetto che la Chiesa dovrebbe essere non soltanto la ‘Casa di Dio’, ma soprattutto la ‘Chiesa della persona’: di chi ha bisogno, cerca aiuto, soffre e vorrebbe una mano tesa”.
Ed ancora rimarca Giorgio: “Ricordo come fosse oggi il grande afflusso di giovani quando nel 1969 ci fu l’avvento in chiesa della messa beat. Al mio matrimonio fu presente il gruppo ‘The Pab’ e a quello di mio figlio un sodalizio Gospel. Tutto questo non sarà più possibile? Necessitano chiarimenti e motivazioni”.
“E’ così che nelle chiese saranno celebrati solo i funerali visto che bambini non nascono più e i matrimoni sono sempre meno” sentenzia Pinuccio.
Più duro il commento di Silvano che invita i fedeli “a non fare più offerte, poi vediamo come si mantengono le strutture”.
“Un clamoroso autogol. Non conosco le ragioni all’origine di questa decisione ma non penso che sia una buona cosa. Sono cresciuto nei locali messi a disposizione dai frati in cui si faceva teatro, musica, cultura e tante altre attività che ci hanno fatto maturare sotto l’aspetto religioso ed umano. Oggi, in tempi in cui i giovani sono allo sbando, spersi in angoli nascosti, preda di vizi, invece di cercare di farli stare insieme in ambienti ‘protetti’ gli si sbattono le porte in faccia”, aggiunge ancora Giorgio che tra le tante cose ha fatto anche il catechista. C’è pure chi riporta di essere tornati al Medioevo oppure di essere pronto a promuovere una raccolta di firme pur di far ritornare sui suoi passi Palumbo. Nel frattempo c’è chi butta acqua sul fuoco. E’ il caso di don Francesco Martino che invita tutti a leggere bene la seconda parte del documento firmato dal vescovo: “In deroga a quanto precedentemente disposto, nelle Parrocchie nelle quali è invalso l’uso di servirsi degli spazi parrocchiali per scopi non pastorali, i Legali Rappresentanti degli enti parrocchiali dovranno informare tempestivamente la Curia Diocesana che, a loro sostegno, provvederà a dettare opportune direttive alle quali attenersi”.
Ma nella disposizione, come riporta Riccardo, si legge chiaramente: “L’uso degli ambienti parrocchiali è destinato esclusivamente ad attività pastorali e di culto. Al di fuori di tali scopi non è consentita in alcun modo la cessione temporanea di locali, sale e strutture. Se si prendesse alla lettera quanto scritto – prosegue -, per il caso di Agnone, si dovrebbe dire ai gruppi folk di abbandonare la sala prove, ai ‘Giovani Agnonesi’ di non poter preparare musical e recital, alle compagnie teatrali di sbaraccare gli spazi che conservano le scenografie e trovarsi un’altra sede per preparare gli spettacoli, vietare la presentazione di libri, concerti, saggi alle scuole, conferenze di carattere culturale, chiudere il Circolo anziani. Vuoi o non vuoi tutte queste attività di pastorale non hanno proprio nulla se non il fatto che siano frequentate dalle stesse persone che forse in parrocchia fanno comodo e quindi ce le teniamo buone e contente”. Infine chiosa: “In un’epoca così secolarizzata e privata di valori, l’idea di concedere uno spazio parrocchiale anche solo ad un gruppo di giovani che il sabato sera decidono di voler mangiare una pizza in compagnia, sia il punto di partenza per poter ridonare luce positiva e messaggio di speranza. Decreti di chiusura, in qualsiasi modo vengano letti, non lasciano passare nulla di favorevole per quanto il futuro ci riservi e per quanto riservi alla Chiesa stessa. Barricarsi nella fortezza non evita la fine perché non la si vede o non la si vuole vedere, anzi, ne accelera il decorso”.