Il WWF Abruzzo da tempo contesta il Piano di gestione e controllo delle popolazioni di Cinghiale nelle Riserve Naturali Regionali “Marina di Vasto” e “Punta Aderci”. Nel luglio 2023 vennero, infatti, presentante le osservazioni al Piano e alla Vinca sia presso gli Uffici della Regione Abruzzo sia in quelli comunali seguite anche da incontri con i tecnici e gli amministratori del Comune di Vasto.
Il Piano però è stato ugualmente approvato e a breve si procederà con l’abbattimento tramite arma da fuoco dei cinghiali all’interno della Riserva Naturale Regionale di “Punta Aderci”.
“Ribadiamo la nostra contrarietà a tale tipo di intervento – commenta Filomena Ricci, delegata del WWF Abruzzo – che riteniamo inutile a risolvere le problematiche generate dalla presenza dei cinghiali nel territorio vastese, oltre che impattante all’interno dell’area protetta. Avevamo chiesto al Comune di Vasto di attuare misure preventive per limitare i danni all’agricoltura quali l’apposizione di recinti elettrificati o di dissuasori visivi e sonori (questi ultimi utili anche per ridurre il rischio da impatto con gli autoveicoli) e di procedere con la bonifica dei rifiuti, che sono un grande attrattore per i cinghiali, nelle aree limitrofe agli agglomerati urbani anche immaginando diverse modalità di conferimento per gli utenti. Purtroppo, siamo a constatare che ancora una volta si ricorre alla spesso inutile scappatoia dei fucili invece di risolvere il problema in modo più sistematico e definivo. Rinnoviamo l’invito agli amministratori del Comune di Vasto perché abbandonino l’idea di sparare ai cinghiali nella Riserva di Punta Aderci e trovino soluzioni alternative”.
Il WWF Abruzzo aveva contestato la modalità dei censimenti e le conclusioni riportate nel Piano di gestione e sottolineato come non si possa parlare di “squilibrio ecologico” in Riserve dall’estensione molto limitata: le popolazioni di cinghiali hanno areali di presenza ben più ampi e dunque è poco sensato un intervento all’interno delle stesse. Da quanto emerge dal Piano stesso, inoltre, sono state effettuate solo tre giornate di monitoraggio tutte concentrate nella stagione primaverile: in questo modo si ottengono dati insufficienti e fuorvianti per descrivere una popolazione e di conseguenza prevedere scelte gestionali.
Nella scelta delle azioni che si mettono in campo per la gestione del Cinghiale a Vasto, come in molte altre aree in Abruzzo, non si fa riferimento all’ampio corpus di pubblicazioni scientifiche che evidenziano come la caccia e anche il cosiddetto selecontrollo, intervenendo sulle dinamiche ecologiche e di popolazione della specie (ad esempio rapporto numerico tra le classi di età e di sesso, tendenza alla dispersione, ecc.), possano portare a risultati opposti rispetto alle intenzioni. Questo, del resto, dovrebbe essere evidente anche nel territorio abruzzese dove la reiterata scelta, perseguita ormai da decenni, di privilegiare le armi da fuoco quale tecnica di contenimento delle popolazioni di cinghiale non ha portato alcun apprezzabile risultato rispetto alle attese.
Il Comune di Vasto aveva effettuato un primo tentativo di cattura dei cinghiali nella Riserva di “Punta Aderci”, che però non ha ritenuto opportuno ripetere, non tanto per i risultati ottenuti, sono stati, infatti, catturati 27 cinghiali in due operazioni di cattura, quanto per una questione di costi.
Sicuramente quello della scarsità di fondi per le piccole aree protette abruzzesi è un problema reale, ma è indubbio che la collocazione delle risorse che arrivano nella nostra Regione, anche da canali di finanziamento europei, sia una scelta di programmazione politica che troppo spesso dimentica la gestione della fauna e preclude l’attuazione e la sperimentazione di piani di prevenzione dei danni.
Non ultima, il WWF ribadisce anche la questione della sicurezza e della opportunità di intervenire con le carabine in aree, come quelle della Riserva di Punta Aderci, fortemente turistiche e molto frequentate. Le carabine più frequentemente utilizzate per il cinghiale hanno un tiro utile di 900 m e una gittata che può arrivare anche a 4 km. Questo implica che, da qualsiasi posto si spari, all’interno della Riserva non esiste un punto che non possa essere raggiunto da un proiettile.
Trattandosi inoltre di un’area protetta, si ritiene estremamente inopportuno effettuare controlli faunistici con armi da fuoco anche perché le persone che scelgono di passare del tempo nella Riserva, lo fanno per immergersi nella natura e nella bellezza del paesaggio, non certo per rischiare di essere colpiti da chi spara a chilometri di distanza.