Riceviamo e pubblichiamo dalla famiglia della signora ultraottantenne di Agnone risultata negativa al tampone del coronavirus.
Nel comunicare il sollievo in seguito alla notizia riguardo la negatività del tampone per il Covid-19 del sospetto contagio in Agnone preme, a tutti i familiari – già provati dal peso della malattia della propria congiunta, fare alcuni precisazioni. Ciò a beneficio di tutta la comunità agnonese la quale – oggi – è stata bersagliata da notizie e da erronee disquisizioni che potevano essere evitate.
Quantomeno nell’attesa della comunicazione ufficiale.
Ad ogni modo, in queste settimane tutti i congiunti hanno adottato una linea di condotta conforme alle disposizioni di legge e rispettato alla lettera il protocollo imposto che li ha portati a: o richiedere la visita domiciliare del medico curante anche se per motivi non riconducibili al virus ma ad una patologia già in essere e per la quale la paziente aveva già subito un ricovero nello scorso gennaio; o richiedere l’intervento del 118 i cui sanitari, ancor prima di effettuare il prelievo a domicilio della paziente, hanno richiesto informazioni sulla sintomatologia e preteso la misurazione della temperatura corporea.
Solo una volta arrivata al pronto soccorso per patologie per nulla riconducibili alla pandemia in essere, per ulteriore scrupolo dei sanitari (e si approfitta per ringraziare il Dott. Ettore Iavicoli e Dott. Maurizio Toma), è stata trasferita presso l’Ospedale Cardarelli di Campobasso per effettuare il tampone il cui esito, giunto alle ore 13 della giornata odierna, ha dato lo sperato esito negativo.
Questa esperienza, che ha segnato non solo tutti i familiari ma l’intera comunità agnonese già particolarmente scossa, merita delle riflessioni sulla condotta di una “parte” del personale sanitario che opera all’interno del pronto soccorso dell’Ospedale San Francesco Caracciolo. Riflessioni che, lungi dall’essere rivolte al lato professionale, sono indirizzate sotto l’aspetto comportamentale.
Prima ancora che venisse trasferita in ambulanza o che gli stessi familiari fossero posti a conoscenza di questa decisione, infatti, la “notizia” era già trapelata all’esterno della struttura sanitaria (pubblicata da altre testate, non dall’Eco, ndr).
Prima ancora che facessimo rientro a casa, già eravamo a ricevere telefonate da parte di amici che chiedevano se la notizia fosse – o meno – vera.
Ci auguriamo che quanto accaduto sia avvenuto in perfetta buona fede poiché, magari, in un’ottica di grande famiglia si è pensato di dover tutelare tutti i membri della comunità.
Ad ogni modo simili atteggiamenti e violazioni non devono ripetersi poiché, oltre a generare (fortunatamente) falsi allarmismi, rischiano di isolare o, peggio, denigrare cittadini rispettosi della propria e dell’altrui salute.
Lettera firmata