«Il varo del cosiddetto “Reddito di residenza”, cioè 700 euro al mese per tre anni a chi abbia intenzione di spostare la residenza e avviare un’attività in un comune molisano con meno di duemila abitanti, ci lascia sconcertati. Vi leggiamo il seguente messaggio da parte delle istituzioni: “Se vuoi venire in Molise, in paesetti in via di spopolamento, ti paghiamo pure e bene. Perché, di fatto, sappiamo che è un sacrificio”. Condividiamo le perplessità degli ultimi residenti dei piccoli comuni, i quali si domandano perché la loro resistenza non debba essere ricompensata, mentre chi viene da fuori trova questo sostanzioso regalo». E’ quanto riporta una nota dell’associazione “Forche Caudine”, lo storico circolo culturale dell’emigrazione molisana, aggiungendo che il «reddito di residenza potrebbe presentare più criticità che elementi di ottimismo. Motivo? Perché mira in modo davvero forzoso – e anche un po’ visionario – ad alzare di qualche unità il numero dei residenti di comuni ormai spopolati».
Forche Caudine fa due esempi. «Il primo caso potrebbe essere quello di un molisano residente in un centro sopra i duemila abitanti che decide di spostare la residenza e dare il via ad un’attività in un centro limitrofo sotto i duemila residenti per ricevere il contributo. Che beneficio otterrebbe il Molise se una persona residente a Bojano decidesse di avviare un’attività a Spinete o a Sant’Elena Sannita, paesi ormai totalmente spopolati, di fatto senza sbocchi di mercato per un negozio ma anche per uno studio professionale? L’unico scopo per l’improvvisato e un po’ sprovveduto imprenditore sarebbe quello di acquisire questo beneficio economico di 700 euro per tre anni, di fatto puro assistenzialismo. Alla fine avremmo un residente in più a Spinete o a Sant’Elena Sannita, ma uno in meno a Bojano».
Quindi il secondo caso, quello degli ex emigrati, categoria che l’associazione conosce bene. «I promotori parlano di opportunità per far tornare a vivere nel paese d’origine coloro che se ne sono andati via da anni, cioè gli ex emigrati – continua l’associazione presieduta da Giampiero Castellotti, con l’avvocato Donato Iannone quale vice – Ma se la stragrande maggioranza di queste persone non è tornata più a vivere nel paese d’origine – tra l’altro ormai gli ex emigrati sono pochi, perché le case sono passate a figli o nipoti nati altrove – ci saranno ragioni valide, cioè l’aver costruito in altri luoghi un mondo di interessi professionali, di affetti, di beni materiali e immateriali. A ciò va aggiunto il tema delle case in vendita, e invendute da tempo, il cui numero ha raggiunto livelli record proprio nei piccoli paesi. Anche qui: che senso ha pagare una persona per farla tornare in un paese dove non è più voluta tornare? Il rientro sarebbe davvero disinteressato o forse i 700 euro al mese farebbero la differenza? Perché sovvenzionare una persona per farla tornare a vivere, ad esempio, a Filignano, paese che in un secolo è passato da circa 3.500 residenti agli appena seicento odierni dove il primo problema sarebbe che tipo di attività potrebbe avviare?».
Forche Caudine evidenzia come i numeri siano quasi sempre bugiardi quando si affronta il problema degli spopolamenti. «Molti piccoli paesi hanno maggioranze di residenti-fantasma: la ragione del mantenimento di una residenza è spesso fiscale per garantire status di prima casa a quella del paese e quindi non pagarci l’Imu».
Le conclusioni: «Questo sostegno economico, insomma, rischia di determinare più danni che benefici, generando situazioni posticce, artificiali, fasulle. Il Molise, viceversa, avrebbe bisogno di visioni d’insieme, come la promozione fuori dai confini regionali, e non di operazioni spot per singoli paesi».