Il Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Chieti, nell’ambito dell’azione di contrasto ai reati contro la Pubblica amministrazione, ha eseguito il sequestro di beni per oltre 27 mila euro nei confronti di un amministratore di sostegno.
In particolare, i Finanzieri della Compagnia di Lanciano – diretti dal Capitano Domenico Siravo – al termine di indagini svolte su delega della locale Procura della Repubblica, hanno accertato che l’incaricato della gestione delle risorse economiche di una donna orfana, affetta dalla Sindrome di Down, con invalidità permanente al 100 per cento, ha reiteratamente distratto somme di denaro di pertinenza di quest’ultima.
Gli accertamenti eseguiti sui conti correnti della diversamente abile, sui quali confluivano, oltre ai lasciti dei defunti genitori, anche la pensione di invalidità, l’indennità di accompagnamento e la pensione di reversibilità del padre, hanno consentito di rilevare spese, poste in essere a mezzo bonifici, assegni bancari e utilizzo di carte bancomat, per finalità non autorizzate dal Giudice Tutelare e comunque estranee agli interessi dell’amministrato per l’importo complessivo di euro 27.575.
Tali evidenze sono state, altresì, corroborate dalle dichiarazioni rese in atti dai titolari degli esercizi commerciali (negozi di abbigliamento, palestre, ristoranti, ecc.) ove le spese risultavano sostenute, i quali hanno confermato come il percettore dei beni/servizi ceduti fosse l’amministratore di sostegno ed in taluni casi anche i figli di quest’ultimo.
Determinato l’illecito profitto, su richiesta del procuratore Capo, Dott.ssa Mirvana Di Serio, il Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Lanciano, Dott. Massimo Canosa, ha emesso apposito sequestro preventivo di tutte le disponibilità finanziarie fino alla concorrenza di euro 27.575 (beni mobili ed immobili, titoli di credito, giacenze di conto corrente) facenti capo all’indagato.
Il Comandante Provinciale – Col. Michele Iadarola, sottolinea l’importanza del servizio concluso dai Finanzieri frentani in ragione dell’elevato disvalore sociale della condotta assunta proprio da un pubblico ufficiale – nel suo particolare ruolo a tutela di quelle persone che si trovano nell’impossibilità di provvedere ai propri interessi – che, abusando della fiducia del diversamente abile, ha posto in essere diverse azioni tali da ipotizzare la commissione del reato di peculato, che prevede la reclusione da quattro anni a dieci anni e sei mesi.