Non deve avere grosso seguito né presa nell’opinione pubblica l’attività anti-caccia del Wwf Abruzzo se è vero, come dice la stessa associazione fornendo i numeri, che alla levata di scudi contro l’attività venatoria hanno risposto solo poche decine di persone.
In una nota del Wwf Abruzzo si legge: «A seguito dell’approvazione del Piano faunistico regionale, il WWF Abruzzo ha condotto una campagna per ricordare che i cittadini possono veder riconosciuto il diritto a vietare la caccia sul proprio terreno. Purtroppo la Regione Abruzzo ha risposto ai tanti che hanno fatto richiesta per esercitare tale diritto, di recintare o costruire muri lungo tutto il perimetro della proprietà, con evidente esborso di ingenti capitali. Nella nota di risposta la Regione ha citato erroneamente un articolo della legge sui cosiddetti “fondi chiusi”, ma i cittadini hanno invece il diritto di vietare la caccia in base all’art. 15, commi 3 e 5, L. 157/92, che in occasione dell’approvazione di un nuovo Piano Faunistico Venatorio prevede che si possa ottenere la chiusura dei propri fondi alla caccia con la sola apposizione di tabelle, senza altri costi o oneri. Agli oltre 40 abruzzesi che si sono rivolti al WWF Abruzzo fornendo copia delle domande inviate alla Regione, l’associazione sta fornendo indicazioni su come vedere riconosciuto il proprio diritto».
Quaranta, ma anche cinquanta a voler essere larghi, è questo il numero di persone che il Wwf Abruzzo è riuscito a sensibilizzare e mobilitare in merito alla possibilità di vietare la caccia sui fondi privati. Numeri insignificanti rispetto alla popolazione residente in Abruzzo, lo zero virgola qualcosa, che dimostrano come le lotte pregiudizievoli contro la caccia portate avanti fanaticamente dall’associazione animalista interessano praticamente quattro gatti.