Il 2 aprile scorso, pochi giorni prima che il cluster della ‘Tavola Osca’ scoppiasse in tutta la sua gravità, Myriam Bocchetti era una operatrice della struttura. Una dipendente che per assistere gli ospiti viene colpita da Covid e per cinque giorni ininterrotti continua a svolgere il suo lavoro prima che anziani vengano trasferiti a Venafro nella notte della vergogna (6 aprile). A distanza di mesi Myriam Bocchetti rende nota una lettera scritta il 18 aprile a sua Santità Papa Francesco dove ripercorre le tappe salienti di una vicenda poi balzata agli onori delle cronache nazionali.
“Sua Santità, mi chiamo Miryam Bocchetti e sono una operatrice della casa di riposo Tavola Osca di Agnone conosciuta a causa del trasferimento in piena notte di 13 anziani colpiti dai sintomi da Covid. Le scrivo perché ho bisogno di conforto, un conforto che in questo non può essere colmato solo dai miei familiari. Il 2 aprile abbiamo scoperto che una paziente è risultata positiva al Covid e da quel momento è iniziato l’incubo. Quel pomeriggio – scrive Myriam – ero di turno e da quel momento non sono uscita più per 5 giorni dalla struttura. I tamponi ci hanno confermato che il virus si era annidato all’interno dello stabile e noi operatori insieme agli ospiti siamo risultati positivi. Dopodiché la situazione è precipitata. Con me c’era la cuoca il cui stato di salute peggiorava di ora in ora e una ragazza neo assunta risultata negativa e rimandata a casa dopo due giorni. Abbiamo visto i nostri nonni e nonne peggiorare con il passar del tempo, divorati dal mostro Coronavirus. All’interno della struttura non potevamo contare su medici o infermieri se non su due colleghe che sono entrate in maniera volontaria qualche giorno dopo. Davanti a quanto accadeva mi sentivo impotente e mi sono chiesta perché bisogna vivere tutto ciò, perché qualcuno permette che accada questo e la risposta è stata sempre quella che non giusto. Il 6 aprile poi in una notte che non dimenticherò mai, l’Asrem decide di trasferire a bordo di tredici ambulanze i nostri nonni in un ospedale dismesso quale Venafro. Il tutto accade tra l’indifferenza generale senza nemmeno avvisare i parenti. Qualcuno di quegli anziani non ce l’ha fatta e adesso da casa Vi chiedo Santità una preghiera per noi operatori che ci battiamo tutti i giorni per tentare di accudire vite umane, ma soprattutto vi chiedo una preghiera per chi ancora lotta in un letto di ospedale. Al tempo stesso dentro di me mi porto tanti rimorsi magari per non aver fatto abbastanza. Vi prego pregate per noi, per loro e per le loro famiglie”.
Una lettera che non ha bisogno di alcun commento che mette in evidenza la sofferenza di quei drammatici giorni ancora vivi negli occhi e nella testa di Myriam. Nel frattempo da Città del Vaticano arriva la risposta del Santo Padre a firma di Monsignor Roberto Cona, assessore per gli Affari Generali della Segreteria di Stato.
“Sua Santità, che in questo tempo di pandemia è particolarmente vicino a quanti sono provati dalla malattia e della sofferenza – le parole che arrivano dalla santa sede – grato per la testimonianza di fede e di coraggio, assicura il Suo ricordo nella preghiera, affinché il Signore doni salute agli infermi e forza a tutti gli operatori sanitari e, mentre esorta ad abbandonarsi pienamente tra le braccia della Divina Misericordia, con la certezza che nessuno ci può separare dal suo amore, di cuore imparte l’implorata Benedizione Apostolica, che volentieri estende agli ospiti della Rsa e alle persone care, accompagnandola con l’acclusa corona del Rosario da Lui benedetta e con l’augurio che il Signore conceda fortezza nella fede e feconda pace interiore”.