Quattro riserve regionali abruzzesi valgono oltre due milioni di euro in termini di servizi ecosistemici forniti. È quanto emerge da uno studio elaborato nell’ambito di un progetto coordinato dal Prof. Davide Marino dell’Università degli Studi del Molise, esperto di contabilità ambientale e servizi ecosistemici, che sarà presentato in un incontro pubblico che si terrà presso la sala convegni della Stazione di Pescara Centrale giovedì 12 dicembre dalle ore 9.30.
Il convegno, promosso dall’Istituto Abruzzese per le Aree Protette (IAAP), Legambiente Abruzzo e WWF Abruzzo, vedrà la partecipazione tra i relatori del Vice Presidente della Regione, Emanuele Imprudente, del Vice Presidente del WWF Italia, Dante Caserta, del Presidente di Legambiente Abruzzo, Giuseppe Di Marco, e del Responsabile dell’Ufficio Aree Protette, Igino Chiuchiarelli.
Durante i lavori saranno illustrati i risultati del progetto pilota che ha definito una proposta per un modello di valutazione dell’efficacia e dell’efficienza di gestione delle riserve regionali che potrà fornire elementi per monitorare il raggiungimento degli obiettivi delle riserve, migliorandone così la gestione.
Lo studio, condotto su 4 riserve naturali abruzzesi (Calanchi di Atri, Gole del Sagittario, Monte Genzana e Lecceta di Torino di Sangro), ne ha calcolato il valore in termini di servizi ecosistemici, vale a dire di benefici multipli forniti dagli ecosistemi all’uomo (servizi di supporto quali formazione del suolo e produzione primaria, di approvvigionamento di cibo, acqua e materie prime, di mitigazione dei cambiamenti climatici, di contenimento dell’erosione, ma anche di promozione territoriale e culturale come turismo, cultura, ecc.).
«È così emersa, in maniera evidente, l’importanza delle aree naturali protette, capaci di fornire enormi benefici a fronte di piccoli investimenti: ogni euro impiegato dalla Regione Abruzzo nelle sue riserve regionali ne produce 5.958 in benefici ecosistemici, tanto che le quattro riserve prese in considerazione, ad una prima valutazione, valgono da questo punto di vista complessivamente ben 2.216.739.806 euro. – si legge in una nota del Wwf Abruzzo – Lo studio ribadisce la necessità di individuare standard minimi e obiettivi di conservazione, tramite linee guida regionali, introducendo degli indicatori e una metodologia che aiuti a valutare efficacia ed efficienza della gestione e a programmare su tempi medio-lunghi. Ciò che appare indispensabile è però garantire maggiori risorse alle aree protette regionali. Negli ultimi anni, infatti, il numero delle riserve è cresciuto mentre sono rimasti fermi i finanziamenti stanziati. Senza considerare, poi, che alcune delle riserve regionali sono diventate anche dei modelli di sviluppo sostenibile affiancando alla finalità principale della conservazione quella della crescita socio-economica delle aree interne o marginali, spesso svantaggiate dai modelli di sviluppo tradizionali. Anche per questo è necessario garantire finanziamenti adeguati a quelle realtà che hanno avviato un percorso virtuoso facendo nascere piccole, ma significative economie locali capaci di dare occupazione e contrastare quindi lo spopolamento delle aree interne. Lo studio mette poi in evidenza come il deficit tra finanziamenti e attività da svolgere viene colmato con il volontariato per il 40% tramite reti di associazioni e volontari legate alle Riserve che coprono attività che altrimenti non sarebbero svolte. Il lavoro dei volontari, preziosissimo, diventa indispensabile e rappresenta una risorsa aggiuntiva su cui però gli enti gestori non possono effettuare una programmazione pluriennale. Emerge la necessità di dare pertanto stabilità al personale delle Riserve Regionali che vive nella precarietà più estrema legata di anno in anno alle disponibilità di bilancio e che rende difficile la programmazione. A ben guardare i fondi ordinari non sono sufficienti neanche per dare attuazione agli interventi previsti nei Piani d’Assetto Naturalistici approvati dalla stessa Regione che sempre di più dovrà destinare in maniera funzionale e diretta parte dei fondi comunitari (PSR, POR ecc.) legandoli anche alla programmazione e alla progettazione per intercettare ulteriori finanziamenti della Rete Natura2000 dell’Unione Europea. La proposta rivolta alla Regione – continuano gli ambientalisti – è quella di avviare un percorso di governance che coinvolga tutti gli attori in campo, per attuare efficacemente la salvaguardia della biodiversità, garantire il flusso dei servizi ecosistemici, assicurare finanziamenti adeguati alle realtà consolidate e nuovi finanziamenti a quelle nascenti, risolvendo le criticità e l’attuale precarietà nell’ottica di avere un vero e proprio sistema di aree protette regionali, efficace ed efficiente secondo le indicazioni dell’Unione Internazionale della Conservazione della Natura (IUCN)».
Insomma, gli ambientalisti chiedono più fondi per le riserve, ma di gestire il problema cinghiale non se ne parla. Infatti mentre la Polizia provinciale e gli Atc mettono in campo controllo e caccia di selezione, nelle riserve, al momento, non viene attuata nessuna efficace azione di contenimento della fauna selvatica.