AGNONE. Un ospedale senza cardiologo è come una persona senza il cuore. Usa questo paragone la signora Annina, 79 primavere, per definire lo stato dell’arte in cui versa il glorioso ospedale San Francesco Caracciolo. Difficile contraddirla visto che dopo il pensionamento dei cardiologi, Pietro Pescetelli e Giuseppe Attademo, l’Asrem non ha trovato di meglio che attivare un ambulatorio per sole quattro ore settimanali. E pensare che la signora Annina è rientrata da Roma per effettuare un check up cardiologico in considerazione che nella capitale, viste le bibliche liste di attesa, è quasi impossibile prenotare in tempi brevi un esame del genere. A patto di non avere pecunia nel portafogli e quindi rivolgersi ad uno studio privato. “Con cinquecentotrenta euro di pensione al mese e una figlia disoccupata da sostenere, sinceramente rinuncio alla visita” ammette Annina che per sei mesi all’anno risiede in un centro dell’hinterland di Agnone. Terribile considerazione per un Paese che negli anni scorsi ha messo sempre la sanità pubblica ai primi posti dell’agenda di governo. “Tredici anni fa, quando sono venuta l’ultima volta in ospedale qui ad Agnone ho trovato una realtà viva, numerosi medici e infermieri lungo le corsie, gente che entrava e usciva a qualsiasi ora. Oggi purtroppo la situazione è radicalmente cambiata: vedo porte sbarrate nei reparti, poco personale in giro e persone che si lamentano o addirittura litigano in accettazione perché vengono dirottati su Isernia o Campobasso per un semplice controllo o esame”. Parole amare che tuttavia sono lo specchio di cosa accade nel Caracciolo dove dal mese di agosto non c’è più neppure l’ortopedico trasferito al “Veneziale” di Isernia. “E come si fa se una povera vecchia come me cade dalle scali e si rompe l’osso del collo?” ci chiede preoccupata la signora Annina. La risposta sta nella disponibilità dell’unica ambulanza del 118 che se non impegnata altrove verrà a soccorrerti. “Ricordo ancora come venti anni fa durante un estate mi ruppi un femore e fui operata dal dottor Savedra, di origini straniere se non ricordo male, che aveva un validissimo collaboratore (Daniele Cerimele, ndr) i quali nell’arco di poche settimane mi rimisero in piedi”. Peccato che oggi quelle sale operatorie nonostante la barca di soldi spesi per ristrutturarle sono inutilizzate se non per interventi di routine. Nonostante l’età, la signora Annina dimostra di avere la classica memoria da elefante e ricorda i nomi di un altro medico quale il diabetologo Antonio Antonelli che proprio in questi giorni gode delle ultime ferie prima di andare in pensione. Un altro camice bianco che abbandona l’ormai cassettone Caracciolo, sempre più svuotato di contenuti e in balia di onde altissime. E l’orizzonte appare sempre più a tinte fosche visto che la parola assunzione da queste parti è come se non esistesse. Dopodiché il pensiero della signora Annina, che nonostante rimarchi di avere solo la terza media ma parla un italiano forbito, corre alle tante mamme che hanno bimbi da crescere e spesso e volentieri si ammalano. L’ennesimo dito nella piaga visto che al Caracciolo la presenza del pediatra non è contemplata. A questo punto la signora Annina rimane esterrefatta e al tempo stesso ammette: “Non uso Internet e i cosiddetti social quindi era all’oscuro di quanto sia avvenuto nell’arco di un decennio”. Lasso di tempo intercorso per ridurre uno dei fiori all’occhiello della sanità pubblica molisana a poco più di un ospedalicchio che naviga a vista, totalmente dimenticato dalla classe politica locale. Nel frattempo la signora Annina si asciuga gli occhioni cerulei dietro due lenti spesse, ci saluta con voce rauca e se ne va. Per un esame cardiologico dovrà rivolgersi ad un’altra struttura se non vorrà attendere fino a gennaio. Attualmente infatti per una visita nell’ambulatorio di cardiologia del Caracciolo, è questo il tempo stabilito. Prendere o lasciare.