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  • Cenano a scrocco, feriscono e rapinano il personale: arrestati e subito scarcerati. La Procura dispone nuove indagini e li arresta di nuovo

    Personale della Squadra Mobile di Campobasso ha dato esecuzione ad una ordinanza di applicazione di misura cautelare di custodia in carcere nei confronti di due fratelli, residenti nel capoluogo, ritenuti responsabili di una rapina aggravata ai danni di un ristoratore del centro storico. I due soggetti, dopo aver cenato nel locale, al momento di saldare il conto, avrebbero minacciato il titolare con delle forbici, costringendolo a consegnare loro il denaro che aveva con sé.

    Ne scaturì anche una colluttazione alla quale presero parte anche i dipendenti del ristorante accorsi in aiuto del titolare. I due soggetti, dopo aver ferito con un coltello titolare e un dipendente, si diedero alla fuga, ma grazie alla segnalazione al 112 vennero intercettati e tratti in arresto poche ore dopo. La scarcerazione, disposta dalla Procura il giorno seguente, ha destato sconcerto e un’ondata di risentimento tra l’opinione pubblica, venendo interpretata come una forma di impunità, alimentando un diffuso senso di insicurezza e anche di amarezza tra gli operatori delle Forze dell’ordine.

    Il Procuratore Nicola D’Angelo, in una nota stampa, precisa che «tale decisione è stata adottata nel rigoroso rispetto delle disposizioni normative vigenti». «Ogni limitazione della libertà personale, nel nostro ordinamento, sia a livello costituzionale che processuale, è ammessa solo in presenza di specifici presupposti e in seguito ad un provvedimento dell’autorità giudiziaria. – continua il procuratore – Ciò significa che né il Pubblico Ministero, né il Giudice possono agire in autonomia: ogni misura restrittiva deve fondarsi su una richiesta motivata e su un provvedimento formale del Giudice competente. La flagranza di reato permette alla polizia giudiziaria di procedere autonomamente all’arresto, «tuttavia – spiega il dottore D’Angelo – tale condizione ricorre esclusivamente nei casi in cui vi sia una certezza immediata della responsabilità del soggetto, come ad esempio l’arresto di un rapinatore colto nell’atto stesso di uscire dal luogo del delitto, con le armi ancora in pugno. Quando, invece, l’intervento avviene a distanza di tempodai fatti, senza un inserimento diretto e continuativo, non è possibile qualificare l’episodio come flagranza e pertanto si esula dall’ambito in cui la legge consente l’arresto immediato».

    La Procura, nel disporre l’immediata scarcerazione, ha contestualmente incaricato la Squadra Mobile della Questura di svolgere ulteriori accertamenti finalizzati a raccogliere gravi indizi di colpevolezza idonei a sorreggere la richiesta di una misura cautelare. Già il giorno successivo ai fatti la Procura ha chiesto e ottenuto un aggravamento della misura cautelare applicata ad uno degli indagati, proprio alla luce della condotta violenta posta in essere durante la rapina. I successivi approfondimenti della Questura hanno consentito alla Procura di completare il quadro accusatorio e di richiedere, con esito favorevole, l’emissione da parte del Gip della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti dei due soggetti, entrambi con precedenti penali.

    «Ogni iniziativa repressiva – chiude il Procuratore – deve necessariamente inserirsi nel solco delle garanzie e delle tutele processuali previste dall’ordinamento. Queste non rappresentano un ostacolo, ma il fondamento stesso dello Stato di diritto: sono il presidio essenziale contro ogni forma di arbitrio e assicurano che l’azione della Giustizia si svolga nel rispetto della legalità, dell’equità e dell’imparzialità».

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