Cento persone in chiesa a seguire la messa e le celebrazioni di Pasqua sono tollerate, due persone dentro un un ristorante o un bar o addirittura all’esterno di essi vengono sanzionate insieme ai titolari. C’è evidentemente una differenza di trattamento tra le due situazioni, una spirituale e una più materiale. Ma mentre nel primo caso il sacerdote prende comune lo stipendio, non fa differenza se la chiesa sia piena o vuota, per baristi e ristoratori non è esattamente così, perché senza clienti non guadagnano.
«Ci aspettavamo di poter riaprire dopo Pasqua, ma purtroppo pare che non sarà così» si sfogano ristoratori e baristi dell’Alto Molise alle prese con continue chiusure ormai da un anno a questa parte. E oltre alla delusione e alla rabbia si aggiunge anche la beffa del Decreto Sostegni che, secondo gli addetti ai lavori, non va a coprire neanche il 5 per cento delle perdite subite. Gli esercenti di Agnone e degli altri centri di zona continuano a fare qualche consegna a domicilio e un po’ di asporto, ma più che altro per non perdere definitivamente il contatto con la clientela. Il gioco non vale la candela, perché si tratta di incassi risibili rispetto ai costi fissi e di gestione che pure ci sono alla faccia delle zone rosse, gialle o arancioni.
I numeri del contagio mostrano che l’emergenza sanitaria va ridimensionandosi, ma dal Governo centrale arrivano segnali diametralmente opposti, cristallizzati su una linea dura che rischia di fare altri e seri danni dal punto di vista economico, soprattutto per le piccole attività commerciali di zona. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di piccole attività a gestione familiare, che non riescono più a fare fronte agli elevati costi fissi e agli impegni con il fisco.
Intanto, però, si continua a pregare nelle chiese, con numeri da assembramento che lasciano ancor di più l’amaro in bocca agli esercenti commerciali che hanno speso anche soldi per adeguarsi alle nuove normative anticontagio.