Era il 23 novembre del 1986 quando un giovanissimo Corrado Urbano (aveva 25 anni, ndr) marcò il Pipe de Oro, Diego Armando Maradona riuscendo nella difficile impresa di non farlo segnare su azione. All’epoca il tecnico dell’Agnonese, che da poco ha rinnovato il contratto con la società granata per il quarto anno consecutivo, indossava la casacca dell’Empoli allenata da Gaetano Salvemini. Teatro uno stadio San Paolo gremito in ogni ordine di posto con il Napoli lanciatissimo verso il suo primo scudetto.
Un ricordo indelebile, quello di incrociare i tacchetti più famosi al mondo, che Urbano, mediano tutto cuore e polmoni, ha raccontato in un’intervista al mensile ciociaro “Perté” diretto da Dario Facci.
Al termine di quella gara che finì quattro a zero in favore dei partenopei, Urbano chiese e ricevette dalle mani di Maradona la mitica casacca numero dieci che ancora oggi conserva gelosamente.
“Perdemmo quattro a zero con Maradona che riuscì a segnare solo su calcio piazzato – racconta Urbano – io, ero riuscito a fare il mio dovere: non farlo segnare su azione”.
Poi alla domanda del collega Pompeo Di Fazio di cosa ricorda di quella partita e in particolare di Maradona, Urbano risponde così: “Era un piacere vederlo giocare. Un leader. Un extraterrestre. Sempre in soccorso dei compagni. Senza mai lamentarsi. Mi ricordo che gli chiesi, a risultato acquisito, di avere la maglia al temine della partita. Lui non rispose”.
Sapete come andò a finire? E’ lo stesso Urbano a raccontarlo. “Pensavo di non potere conservare un cimelio così importante. Al termine dell’incontro il prato del San Paolo era pieno di gente, tra giornalisti e tifosi. Un caos indescrivibile. Stavo avvicinandomi verso gli spogliatoi quando alla fine delle scalette di ingresso vidi Diego con la maglia in mano. Questa è per te, mi disse. Oggi la custodisco a casa come uno dei cimeli più belli di tutta la mia carriera”.
Una carriera, quella di Urbano, iniziata a Cassino nel 1978 e poi proseguita a Squinzano, Caserta, Foggia con l’approdo nel 1985 a Empoli dove conquistò la promozione in A. E ancora Bari in A. Stagioni dove il mediano di Piedimonte San Germano si trovò di fronte non solo Maradona ma giocatori del calibro di Platini, Boniek, Rumenigge, Gullit, Van Basten, Conti, Scirea, Tardelli.
“Sono stato fortunato – prosegue – i miei anni in serie A sono coincisi con il momento storico più felice del calcio italiano, quando i più grandi camnpioni giocavano nel nostro campionato”.
Infine alla domanda di cosa direbbe ad un ragazzo che si avvicina a questa professione, Urbano ha replicato: “Di essere umile e di non montarsi mai la testa. E’ questa la dote più importante. Puoi avere piedi fatati, ma se non hai la testa sulle spalle non vai da nessuna parte. A meno che non sei Maradona…”