• Editoriale
  • Il fenomeno droga in Molise

    Dopo le gravi emergenze per l’abuso di sostanze alcoliche e per la ludopatia, recentemente sottolineate ancora una volta dall’attività di sensibilizzazione della Scuola di Formazione all’Impegno Sociale e Politico “P. Borsellino” della Diocesi di Trivento , soprattutto la diffusione della droga in Molise sta raggiungendo livelli insostenibili.

    I dati sono davvero molto preoccupanti.

    Con il quattro per mille siamo la regione con il maggior consumo di oppiacei in Italia.

    Dopo la cannabis si allarga l’uso di eroina, di Spice e di altre droghe sintetiche che generano davvero danni irreparabili per la salute di chi le assume.

    Gli ex assuntori di sostanze stupefacenti iscritti al SERD sono 1300, ma il sommerso sembra molto più preoccupante.

    Sempre più bassa è la fascia di età dei giovani che iniziano a drogarsi.

    Aumenta il numero dei reati per procurasi il contante per l’acquisto delle dosi.

    Il mercato, come ha sottolineato di recente il magistrato Nicola Gratteri in un incontro a Campobasso, è in mano alla criminalità organizzata che poi ha la sua manovalanza diffusa sul territorio.

    Oltre 300 sono i morti per overdose, per suicidio o per incidenti nella regione in un anno.

    Di fronte a questi numeri tanto preoccupanti nei mesi scorsi si è levato il grido di allarme del procuratore capo di Campobasso Nicola D’Angelo il quale, sostenendo giustamente che sul fenomeno manca una  percezione informata e una piena consapevolezza, ha sollecitato tutti alla responsabilità di cittadinanza attiva per migliorare al riguardo l’informazione, la coscienza critica,  la prevenzione e la lotta a quanti si rendono responsabili dello spaccio e dell’uso di sostanze stupefacenti.

    In queste ultime settimane ci sono stati parecchi arresti di spacciatori a testimonianza dell’acuirsi del fenomeno in regione.

    L’ordine dei giornalisti, dei medici, degli avvocati, il mondo della scuola, l’UNIMOL e alcune associazioni di categoria hanno accolto l’appello accorato del procuratore D’Angelo per un’opera di sensibilizzazione che già è in atto sul territorio anche se non nella maniera allargata e ininterrotta che ci saremmo aspettati.

    Augurandoci che non si tratti ancora una volta di un fuoco di paglia e che si operi con continuità per debellare il fenomeno, accogliamo volentieri l’input del magistrato e dichiariamo da subito la disponibilità ad operare in tale direzione nelle organizzazioni di volontariato in cui siamo inseriti.

    È difficile capire se l’inizio dell’assunzione di sostanze stupefacenti sia in relazione alla semplice curiosità, agli stimoli del circuito di amici, alla necessità di cercare sicurezze apparenti, alla ricerca di piaceri fittizi o alla rincorsa della trasgressione e del cosiddetto sballo.

    È del tutto evidente che qui non si tratta di criminalizzare né i consumatori e tantomeno le famiglie coinvolte, ma occorre anzitutto, questo sì, rilevare l’errore culturale ed educativo di aver sottovalutato un fenomeno sul quale sarebbe stata necessaria una riflessione molto seria ed articolata in particolar modo nella famiglia e nella scuola.

    Quando ad esempio da parte di molti si è dichiarato e si continua a rivendicare il diritto all’uso delle cosiddette sostanze leggere seguendo il criterio della limitazione del danno, si dimentica che chi le utilizza, a partire dall’alcol, non crea solo problemi di alterazione dei propri circuiti cerebrali, ma produce danni agli altri con comportamenti non più controllabili come ad esempio nella guida di un’automobile.

    Il principio allora cui ispirarsi nell’attività informativa, nell’azione educativa e nella programmazione politica è costruire uno spirito critico che porti i giovani anzitutto a saper riconoscere le finalità positive per cui vale la pena vivere riuscendo in tal modo a distinguere ciò che è bene per se stessi, per gli altri e per l’intera collettività in cui si è inseriti.

    Crediamo francamente ci sia una linea di confine tra il bene e il male che occorre sempre aver chiara così come è necessario possedere contezza dell’indispensabilità di principi etici condivisi in grado di orientare la libertà e il comportamento di ognuno per l’utile personale e di quello comune.

    La prima attività allora cui siamo obbligati è quella di una ricerca culturale e di un confronto rigoroso sulle droghe, sulla loro funzione e sugli effetti indotti in chi le assume.

    A ciò occorre delegare personale qualificato e competente evitando di affidare tale compito a soggetti con una preparazione troppo generica che potrebbero disorientare chi ha bisogno di chiarezza e verità scientifiche.

    Educare i giovani da parte della famiglia, della scuola, delle associazioni religiose e sportive significa soprattutto dotarli di una coscienza critica in grado di far loro acquisire un’autenticità personale e una libertà di pensiero in grado di portali fuori da ogni dipendenza psichica  e intellettiva legata a fonti pseudo informative, al consumismo, all’alcol, alla ludopatia, all’ipocrisia interessata del circolo degli amici, alla ricerca dell’appagamento a tutti i costi di falsi desideri di piacere fino alla rincorsa di un successo facile e non conquistato con il lavoro e l’impegno personale.

    Noi crediamo ancora che forme di consultori locali facenti riferimento preferibilmente alle strutture istituzionali o in alternativa a quelle del volontariato abbiano una loro efficacia soprattutto per le famiglie che vivono il problema delle tossicodipendenze.

    Contrastare il fenomeno droga significa non ignorarlo o girare la testa da un’altra parte fino a quanto non tocca e non consuma la nostra tranquillità personale o familiare.

    Le forze dell’ordine e la magistratura, poi, come ci ricordano ancora Nicola Gratteri e Antonio Nicaso nel volume “Storia segreta della ‘NDRANGHETA“, hanno bisogno nel contrasto al traffico della droga di strumenti e metodologie innovative in grado di garantire effetti reali.

    Dev’essere forte in tutti  la necessità di una testimonianza pubblica allargata, magari anche con una grande manifestazione nel capoluogo regionale, per gridare ad alta voce la volontà di opporsi con ogni mezzo ai trafficanti di morte che vendono droga portando alla disperazione intere famiglie.

    Il coordinamento delle diverse iniziative di carattere educativo, investigativo, riabilitativo e repressivo va tenuto da un’equipe che occorre creare al più presto per operare in una logica di rete che abbia punti di riferimento e di operatività su tutto il territorio regionale.

    Ricordiamoci solo che sul problema è inutile fare solo incontri accademici, ma che occorre impegnarsi seriamente sul versante operativo.

    Del fenomeno della droga, della sua diffusione e dei suoi effetti ci siamo occupati qualche anno fa nel nostro romanzo “Il senso dei giorni” edito da Arti Grafiche La Regione.

    È un volume con cui abbiamo inteso tra l’altro mettere a disposizione del vasto pubblico dei lettori la riflessione su un tema intorno al quale tutti dovremmo costantemente sentirci impegnati per uscire anzitutto da convinzioni generiche e superficiali non supportate da una conoscenza scientifica.

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

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