«Eravamo nati per essere un seme di cambiamento, per generare una rivoluzione culturale. Eravamo nati per dissolverci, per essere la diversità che mina alle fondamenta il sistema. Eravamo nati dal rifiuto delle logiche politiche, come portatori sani di follia, gente che non si prendeva sul serio perché comprendeva quanto serio fosse l’errore di chi crede di avere la verità in tasca e quanto folle fosse il pensare di avere risposte invece che domande».
Sono le parole, pregne di amarezza, ma assolutamente realistiche, di Gianluca Ranieri, classe 1975, due lauree magistrali (Economia e Scienze Politiche), ex ufficiale dell’Aeronautica militare italiana, consulente aziendale, artista e consigliere della Regione Abruzzo nella X legislatura eletto proprio con il Movimento 5 Stelle. Al termine delle procedure costituzionali che hanno portato a partorire un governo giallo-rosso, tra M5S e gli sconfitti del Pd e della sinistra tutta, l’ex consigliere regionale entra nel dibattito pubblico con queste dichiarazioni destinate ad innescare un intenso dibattito e magari anche una riflessione interna tra i tanti che hanno votato convintamente 5 Stelle.
«Adesso il Movimento 5 Stelle è un partito. – riprende Ranieri – Ora ragioniamo secondo logiche politiche, la rivoluzione culturale è solo un ricordo e abbiamo bisogno di conservare il potere per portare avanti riforme che per loro natura sono solo espressione di un modo di pensare, non di una visione del futuro, perché il cambiamento, quello vero, si deve fare nella testa degli italiani e quella, ahimè, è la stessa di quando s’è cominciato. Non sarò mai d’accordo con i compromessi, perché non permettono mai di ottenere risultati utili, se non per chi li fa. Non ragionerò mai secondo una logica dell’agire politico che abbia come obiettivo il consenso, perché la ricerca del consenso uccide la ricerca di ciò che è bene e di ciò che è giusto. Non guarderò mai al risultato utile oggi, perché quando si persegue un vero cambiamento si può guardare solo ad un futuro lontano 30, 40 forse 50 anni, e poco importa se non lo vedremo, perché è quella l’eredità che lasceremo. Auguri per l’apocalisse… lenta».