Il “caso” mediatico dell’abete di Montecastelbarone che il Comune di Rosello, nel Chietino, avrebbe voluto rifilare al Pontefice in occasione del Natale spacciandolo per proprio, finisce all’attenzione della Procura della Repubblica di Campobasso.
I nostri lettori ricorderanno lo scoop fatto proprio su queste colonne: un abete bianco di Agnone stava per essere sacrificato, tagliato a colpi di motosega dal bosco di Montecastelbarone, per essere donato a Papa Francesco lo scorso Natale. Lo scoop risiedeva nel fatto, appunto, che il Comune di Rosello stava per rifilare una patacca al Pontefice, atteso che l’albero in questione era appunto altomolisano, essendo nato e cresciuto, da qualche secolo almeno, nel bosco sul territorio di Agnone. La notizia, che fece letteralmente il giro del mondo, fu fornita alla nostra redazione dal fotografo naturalista Dario Rapino, che è anche iscritto nell’albo dei giornalisti pubblicisti.
Lo stesso si portò all’interno del bosco di Montecastelbarone e dimostrò, con un banale Gps, che l’albero da sacrificare era sul territorio di Agnone e dunque le presunte e sbandierate autorizzazioni al taglio di cui era in possesso il Comune di Rosello erano poco più che carta straccia, una sorta di falso. All’esito di quella operazione mediatica l’abete bianco plurisecolare di Agnone venne risparmiato, in seguito anche all’intervento dei Carabinieri forestali della locale stazione.
Un altro abete, realmente proveniente da una zona dell’Abruzzo, venne spedito in Vaticano dove fece bella mostra, in piazza San Pietro, con tanto di palline e lucine, prima di finire depezzato nel caminetto di qualche facoltoso cardinale. Dario Rapino, che in qualità di ambientalista convinto, ottenne con quella operazione mediatica il suo obiettivo, cioè di salvare l’abete di Montecastelbarone, venne ricoperto da insulti ed improperi, fino a vere e proprie minacce, da decine di commentatori sui social.
E siccome Rapino, oltre che fotografare orsi e lupi e salvare alberi plurisecolari, è anche un avvocato esperto e un giudice presso il tribunale di Pescara, ha preso carta e penna e ha inoltrato alla Procura della Repubblica di Campobasso un dettagliato dossier contenente tutti gli insulti e le minacce ricevute. Nei giorni scorsi gli uffici della Procura hanno emesso un decreto di citazione in giudizio a carico di un commentatore ipotizzando il reato di diffamazione in danno di Rapino.
Dopo le indagini preliminari, dunque, l’indagato ha conquistato lo status di imputato e ora dovrà rispondere davanti ad un giudice del suo commento diffamatorio dell’onorabilità del fotografo naturalista.
«Questo è quello che succede quando fate gli sbruffoni sui social, offendendo i vostri interlocutori. – commenta caustico Dario Rapino – Ora questo signore dovrà risponderne in Tribunale. Solitamente, a tutela del leone di turno, cancello i commenti offensivi, altrimenti intaserei i già intasati Tribunali italiani. Però può capitare che mi troviate nel giorno sbagliato oppure che le vostre offese superino la soglia di umana tollerabilità, come in questo caso. Non ho fatto i voti a San Francesco né sono un convinto seguace del porgere l’altra guancia. – chiude Rapino – Perciò, salvo che non vogliate provare l’ebbrezza delle sbarre, datevi una regolata, perché le promesse le mantengo sempre».