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  • Morire di lavoro, 61 anni fa la tragedia di Marcinelle

    CAMPOBASSO – “Solo 18 ore di treno per arrivare in Belgio, carbone gratuito, biglietti ferroviari gratuiti, premio di natalità, ferie, vitto e alloggio presso la cantina della miniera, contratto annuale…la vostra famiglia potrà raggiungervi in Belgio” Tante promesse sui manifesti di color rosa… ma non era vero niente! Con queste speranze erano partiti anche i nostri corregionali per andare a lavoro nella miniera di carbone di Bois du Cazier a Marcinelle. Sette di loro, unitamente ad altre 255 persone, la mattina dell’8 agosto 1956, videro spezzare definitivamente la loro esistenza.

    E’ uno dei tragici episodi che hanno segnato l’emigrazione italiana del dopoguerra, è una delle ferite più gravi che ancora oggi merita un momento di riflessione sull’importanza della sicurezza sui posti di lavoro, e di rispetto per chi ha dato la vita per mantenere economicamente le proprie famiglie. In quegli anni accadeva che tanti italiani e nostri corregionali partissero per il mondo alla ricerca di lavoro senza alcuna tutela, senza alcuna garanzia, senza alcun rispetto della vita umana! Nel marzo del 1946 il governo italiano firma “l’accordo del carbone” con il governo belga: per ogni scaglione di 1000 operai italiani che lavoreranno nelle miniere, il Belgio esporterà verso l’Italia dalle 2500 alle 5000 tonnellate mensili di carbone. E’ uno scambio: uomini per il carbone, e soprattutto “braccia” meridionali per rifornire di carbone soprattutto le industrie del nord Italia, per la ripresa economica del nostro paese.

    Felice Casciato, Francesco Cicora, Francesco Granata, Michele Granata, Michele Moliterno, Pasquale Nardacchione, Liberato Calmieri: i nostri corregionali partiti da Ferrazzano, da San Giuliano di Puglia, da Sant’Angelo del Pesco, da San Giuliano del Sannio e da Busso con la speranza di un sogno, quello descritto sui manifesti rosa, tintosi di rosso una volta arrivati in Belgio.  I lavoratori alloggiati nelle baracche utilizzate dai tedeschi per i prigionieri di guerra, senza servizi igienici e con una sola fontana all’esterno per tutti. Pochi i locali dove gli italiani potevano entrare. A lavoro si andava nudi o seminudi per la temperatura nella miniera che arrivava anche a 50 gradi, la polvere di carbone prendeva la gola e si depositava nei polmoni, i cavi dell’alta tensione a diretto contatto con i tubi roventi dell’olio.

    E cosi, quel maledetto 8 agosto 1956, due carrelli che si ostacolano, una condotta dell’olio tranciata, un imponente incendio nella miniera segnerà per sempre le speranze e la vita di 262 persone, di cui 136 italiani e 7 molisani.

    In ricordo delle vittime di Marcinelle, nel 2001, è stata istituita la “Giornata del sacrificio del lavoro italiano nel mondo”. Il gravissimo incidente ha contribuito a portare all’attenzione delle Istituzioni europee, che nascevano e si consolidavano proprio negli anni del secondo dopoguerra, la necessità di adottare misure di maggior tutela per i lavoratori.

    “L’8 agosto è un giorno dove dobbiamo rimarcare con sempre più forza che la dignità e la vita di una persona valgono più di qualsiasi altra futile considerazione – afferma Vincenzo Cotugno, presidente del consiglio regionale -. Occorre che in questa giornata si rifletta anche sull’emigrazione che oggi stiamo vivendo, sul futuro della stessa Europa. Gli ultimi dati che emergono dal rapporto Svimez descrivono uno scenario drammatico: tra 50 anni il Molise perderà oltre 80 mila abitanti! E’ questo il tema su cui le istituzioni devono iniziare a ragionare da subito! Di questo si è parlato e dibattuto nel corso della tavola rotonda di Ferrazzano, per la quale ringrazio il sindaco Antonio Cerio e Antonio D’Ambrosio, che hanno inteso porre l’attenzione sul sacrificio in termini di vite umane di Marcinelle, sull’importanza di riaffermare la dignità che ogni persona deve avere sul posto di lavoro, oltre al dovere di non dimenticare da parte delle Istituzioni”.

     

     

     

     

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