Le nostre perplessità sulla cosiddetta coalizione Giallo-Verde coordinata da Giuseppe Conte le abbiamo manifestate sin dal momento in cui siamo riusciti a leggere gli obiettivi e le finalità che si stava dando con il “Contratto di governo”.
L’indeterminatezza di quelle linee nasceva da alcuni membri dell’esecutivo che miravano unicamente a provvedimenti assurdi di natura propagandistica, non avendo compreso fino in fondo l’innaturalezza del connubio tra due forze politiche che si erano sempre presentate agli elettori con programmi non diciamo contrastanti, ma certo sicuramente diversificati.
La legge di stabilità, sulla quale lo scontro con l’Unione Europea si è chiuso per ora con una resa evidente di cui si è dovuto occupare direttamente Conte, prevede agevolazioni per imprese e banche, intanto che i lavoratori dipendenti, il cui lavoro è stato reso sempre più precario dal governo Renzi con il Job Act, saranno quelli che dovranno tirare la carretta del Paese sul piano del fisco come è sempre avvenuto, mentre, premiando ancora una volta i furbi, si continua a blaterare all’infinito di lotta all’evasione e all’elusione fiscale.
È ormai chiaro che la flat tax interesserà unicamente le piccole imprese con partita IVA ed i professionisti con un fatturato fino a 65.000 euro nel 2019 e 100.000 nel 2020.
In buona sostanza stiamo ancora una volta penalizzando il lavoro subordinato nel silenzio del sindacato che, come abbiamo più volte dichiarato, appare alquanto ingessato nell’uso di categorie antiquate di analisi dei problemi del mondo del lavoro e nell’organizzazione dei sistemi di rivendicazione di una qualità accettabile di vita per tutti orientata alla realizzazione della giustizia sociale.
Il ridimensionamento dei fondi a disposizione in ogni caso creerà certamente problemi per i provvedimenti previsti dal governo.
Sul reddito di cittadinanza , al di là di talune dichiarazioni vaghe e contraddittorie soprattutto in relazione ai beneficiari, ma anche in merito ai criteri di attribuzione, è preferibile come al solito attendere la lettura dei decreti attuativi.
Non è ancora chiaro se la somma sarà congrua per l’impegno in 8 ore lavorative settimanali per il comune di residenza e la frequenza dei corsi di formazione magari lontani dal luogo di residenza; è molto difficile capire anche dove si troveranno le tantissime offerte di lavoro da presentare, tre a testa, a più di un milione quattrocentomila capifamiglia aventi diritto che potrebbero essere proposte, pare di capire, per i primi sei mesi entro 100 chilometri, poi entro i 250 ed infine, dopo un anno, su tutto il territorio nazionale e quindi anche a qualsiasi distanza dal luogo di residenza.
Si sta anche tentando d’incentivare le imprese ad assumere persone in possesso del reddito di cittadinanza consentendo al datore di lavoro d’incassare in caso di assunzione a tempo indeterminato una parte del beneficio percepito dal nuovo assunto.
Di fronte a quello che rischia ancora una volta di essere l’ennesimo sussidio assistenzialista, ci sarà politicamente qualche mente pensante che proverà a definire linee e criteri per avvicinarsi quantomeno alla piena occupazione prevista dalla nostra Carta Costituzionale ridistribuendo equamente la ricchezza ed il lavoro esistente, ma eliminando anche retribuzioni esagerate e scandalose ed attività anche doppie spesso esercitate in nero?
La riforma del sistema pensionistico poi con la “Quota 100” si sta rivelando per i lavoratori allo stesso tempo un bumerang ed un flop per la sua provvisorietà temporale e soprattutto in considerazione delle penalizzazioni che non la rendono certo appetibile.
Il tutto sarà pagato col blocco delle indicizzazioni delle pensioni, con i tagli sulla scuola, con lo sblocco delle tasse locali e con la clausola di salvaguardia sull’IVA negli anni 2020 e 2021.
Il decreto sicurezza, che nell’art. 13 impedisce ai richiedenti asilo di avere una residenza e tra l’altro, chiudendo gli Sprar, getta allo sbaraglio e nell’irregolarità migliaia di migranti e richiedenti asilo, sta creando conflitti istituzionali soprattutto dopo che molte amministrazioni comunali con a capo il presidente dell’ANCI Antonio Decaro si sono dette contrarie alla sua applicazione per palesi difficoltà applicative.
A rincarare la dose si è schierata anche la Chiesa Cattolica con un durissimo giudizio negativo sullo stesso provvedimento ad opera del cardinale Angelo Bagnasco il quale ha dichiarato che “Nessuno è sovversivo, ma alcuni problemi richiedono un giudizio di coscienza” evocando sull’applicazione dello stesso da parte dei sindaci il diritto appunto all’obiezione di coscienza.
I Comuni, sottoposti tra l’altro nella legge di stabilità ad un taglio consistente dei fondi statali, ovviamente si preoccupano delle loro responsabilità applicative di decreti come quello sulla sicurezza nella gestione dei migranti.
Le polemiche divampano ed ancora una volta Giuseppe Conte sta cercando di mediare con l’ipotesi di un confronto con i sindaci sul quale Salvini sembra voler fare ancora una volta muro.
Era evidente che il decreto sicurezza avrebbe rischiato sempre più un contenzioso presso la Corte Costituzionale; ora il presidente della Toscana Enrico Rossi ha formalizzato il ricorso relativo ponendo con forza la questione di legittimità della deliberazione governativa.
Sui quarantanove migranti che vagano nel Mediterraneo da due settimane sulle navi Sea Watch e Sea Eye in cerca di un porto per lo sbarco le posizioni del governo rimangono quelle legate ad una chiusura assoluta dei porti da parte della Lega, mentre Di Maio con l’appoggio di Conte apre dichiarando la disponibilità ad accogliere solo sette donne e bambini che dovrebbero in tal modo essere separati dal nucleo familiare.
Se la situazione non fosse tragica, potremmo dire che qualcuno la sta facendo diventare grottesca.
Con un eufemismo potremmo dire che è davvero arduo capire perché il diritto al salvataggio ce l’avrebbero solo donne e bambini e non tutti i quarantanove migranti sulle due navi.
Il problema dell’immigrazione non può essere risolto negando diritti umani, compreso quello alla vita rispetto ai pericoli del mare, ma affrontandolo con le dovute competenze politiche nelle sedi istituzionali dei vari Paesi interessati, dell’Unione Europea e dell’ONU.
Francamente non abbiamo mai visto un governo in cui i ministri a ruota libera e senza un confronto preventivo proprio nel Consiglio dei Ministri divulghino in maniera contraddittoria e reciprocamente conflittuale dichiarazioni sui social network con un pressapochismo che non può appartenere a chi ha avuto il mandato di governare uno Stato.
I nodi di una qualche diversità di opinione, magari apparente o interessata, tra M5S e Lega credo comincino ad emergere, a percepirsi per ora a pelle ed a venire al pettine, pur comprendendo che talora possa trattarsi ancora di posizioni solamente propagandistiche.
Cosa succederà in primavera con le elezioni europee è difficile pronosticare.
Oltretutto ci auguriamo che Di Maio e chi lo sta seguendo in questa avventura si rendano conto che, seguendo la Lega su certe posizioni già manifestate o su altre come quella dell’annunciato decreto sulla legittima difesa, rischiano seriamente di ridimensionare in maniera pesante i consensi che hanno costruito in tempi abbastanza ridotti.
Inutile dire che un’opposizione degna di questo nome ad un tale modo di governare in parlamento non esiste perché i partiti che dovrebbero farla sembrano come ricercare il modo migliore per andare verso l’estinzione.
Di fronte a tali questioni, oltre che dibattere sui social network, sarà capace la popolazione d’impegnarsi a dare un volto più egalitario ed umano ad un Paese che sembra attraversare un momento davvero problematico?