«Quello di ieri pomeriggio, nelle campagne di Canale Monterano (Roma), non è stato il solito omicidio venatorio, ma si distingue per due aspetti. Primo: la vittima era un signore di 72 anni, un nonno, che passeggiava dietro una siepe a pochi metri da casa sua. Secondo: lo sparatore ha 78 anni e, sembra di capire, “le carte in regola” per il porto d’armi. Come possiamo chiamare una persona, che va in giro col fucile e spara a un’ombra, perché, a quell’età, il suo divertimento è ammazzare un cinghiale? Io lo chiamo delinquente. Certo non sono in regola, con la coscienza e con il buon senso, le autorità che, con la loro totale indifferenza, consentono a potenziali omicidi di vagare per boschi e campagne e di commettere atti delinquenziali come quello accaduto ieri. Quale Stato non tutela neppure un cittadino che osa far due passi fuori di casa? E’ assurdo, inaudito, intollerabile».
Lo dice l’onorevole Michela Vittoria Brambilla, presidente del Movimento animalista, commentando l’incidente di caccia in provincia di Roma. Siamo circa a metà della stagione e in ambito venatorio vi sono già state una decina di vittime (tra cui due giovani di vent’anni) e decine di feriti (compresi due bambini).
«E’ inaccettabile – sottolinea l’ex ministro – l’indifferenza delle autorità, che di fatto agevola non solo la caccia, ma “questa” caccia, con regole palesemente inadeguate, e, sempre e comunque, favorisce i cacciatori, indipendentemente dalla strage di animali (anche di specie protetta), dai catastrofici effetti del maltempo in molti territori, e dall’appuntamento settimanale con morti e feriti. Fatte le debite proporzioni, non c’è grande differenza tra la percentuale dei morti “da caccia” e quella delle vittime per incidenti automobilistici. Solo che andare in macchina è ormai una necessità, mentre la caccia è inutile e anacronistica e va semplicemente abolita. Di qui, nel frattempo, la mia proposta di prevedere il reato di omicidio venatorio, con la stessa pena base di quello stradale: da due e sette anni di reclusione. Tenere in mano un’arma letale dovrebbe comportare una responsabilità in più rispetto al normale omicidio colposo. Invece l’irresponsabilità dilaga. Bisogna inoltre introdurre il silenzio venatorio il sabato e la domenica, per tutelare chi nei boschi e nelle campagna va per godersi la natura e non per distruggerla, raddoppiare, con controlli rigorosi, le distanze di sicurezza da potenziali bersagli come case, strade, ferrovie, mezzi agricoli o animali domestici, e rendere più difficile ottenere il porto d’armi. Mentre le procedure per le richieste motivate da esigenze di difesa personale sono molto rigide, una licenza per uso sportivo si ottiene più facilmente. Vale cinque anni e il certificato medico di idoneità è necessario solo al momento del rinnovo. Troppo poco, soprattutto se consideriamo che la maggior parte dei cacciatori ha un’età compresa tra 65 e 78 anni».