• Editoriale
  • Spopolamento piccoli comuni, Conte se ci sei batti un colpo

    Franco Arminio, poeta, scrittore e regista italiano scrive al premier di Stato, Giuseppe Conte. Lo fa tramite una lettera inviata al Corriere della Sera pubblicata nell’edizione cartacea ieri, domenica 7 ottobre. Arminio, origine campane, collaboratore de Il Manifesto e Il Fatto Quotidiano, chiede a Conte e al suo governo  una inversione di tendenza in merito le politiche che interessano i piccoli comuni sempre più alle prese con il dilaniante fenomeno dello spopolamento. A riguardo lo scrittore avellinese cita la strategia nazionale per le aree interne concepita tempo fa da Fabrizio Barca. Ma ecco la lettera inviata a Conte. 

    Caro Conte

    l’idea di scriverle questa lettera mi è venuta a Carlantino. È un paese che forse lei conosce, non dista molto dal suo. Pensavo a lei percorrendo la strada da Carlantino a Colletorto, dalla Puglia al Molise. Ora in questa strada non accade nulla di eccezionale, a parte le buche: sono pochi chilometri di un’Italia senza capannoni e officine e palazzine e pompe di benzina. Ma è anche un’Italia senza vacche e senza trattori, è una sorta di limbo inoperoso, un punto cieco. Come sanno tutti, il mondo è pieno di luoghi di questo tipo, in Italia sembrano particolari, diventano quasi luoghi solenni, lirici, perché siamo abituati a territori sempre in qualche modo urbanizzati: ormai il vuoto è la merce più rara che abbiamo. A Carlantino c’era un ragazzo di quindici anni che mi ha parlato di Di Maio e Salvini. Per lei sarà una notizia confortante: i suoi ministri più importanti sono diventati molto noti e questo grazie alla politica delle dicerie a cui si è ridotta la politica in Italia: quasi sempre non si commentano provvedimenti legislativi, ma dicerie.

     Le «buone dicerie»

    Ecco, io non le chiedo leggi per i piccoli paesi, non credo siano necessarie. Forse non è necessario neppure dare i soldi ai ragazzi disoccupati o alle anziane che vivono da sole nei piccoli paesi. Io penso che sia necessario mettere in giro delle buone dicerie su questi luoghi. Le sembrerà paradossale, ma credo che servano più fiori che opere di bene. Lei, per esempio, potrebbe indire un consiglio dei ministri a Carlantino. E se le sembra troppo di parte, può scegliere un luogo dell’Aspromonte o dei Sicani. Se poi non vuole irritare la Lega può pensare al Friuli Venezia Giulia o alla provincia di Cuneo. In Italia i paesi spopolati sono equamente distribuiti. Una buona idea sarebbe anche fare un consiglio dei ministri a Camerino. A me sembra incredibile che un paese tanto importante sia stato chiuso dopo il terremoto e non ci sia nessuna idea di quando verrà riaperto. Le dicerie che le chiedo non avrebbero nessun peso sul debito pubblico. Io penso a cose come un invito ai cittadini a comprare casa nei paesi: al mio paese è in vendita per 25.000 euro una bella casa a tre piani, nuova e ammobiliata. Lei sa bene che settembre è un mese difficile nei paesi: si sente il vuoto di chi se n’è andato e di chi continua a non venire. Forse il suo governo potrebbe invitare i ragazzi a considerare le opportunità legate all’agricoltura. E non mi stanno bene le storie di chi dice che non si guadagna abbastanza. È che l’agricoltura porta sacrifici, ma è un sacrificio anche fare il cameriere a Londra o il presunto artista a Berlino. Quello che manca è una diceria che porti i ragazzi a vantarsi di restare piuttosto che di partire.

     Il rischio «discount»

    Caro Conte, lei e il suo governo potrebbero supplire, a costo zero, a creare un poco di attenzione intorno ai paesi. Quando ho chiesto al ragazzo di Carlantino chi era venuto a cantare questa estate, lui mi ha risposto Jovanotti. Quando ha visto lo stupore sul mio viso subito ha aggiunto: il sosia. È brutto che questi paesi diventino una specie di discount della vita civile. Luoghi che erano focolare e grembo di tutti e ora rischiano di apparire il museo delle porte chiuse, dove ci vuole un’ora per andare a scuola o per trovare un ospedale, luoghi dove gli scoraggiatori militanti trovano ogni giorno conferma della loro poetica. Ecco, i paesi italiani hanno diritto a essere percepiti per quello che sono: luoghi del mondo, che non stanno né avanti, né indietro, luoghi che possono avvilire ed esaltare, che contengono opportunità e pericoli, come tutti i luoghi del mondo. Nella miseria spirituale dilagante e nella penuria di risorse economiche, un buon governo è quello che produce visioni, sentimenti, passioni civili. Quello che mi colpisce del cosiddetto governo del cambiamento, è l’assoluta mancanza di quelle che una volta si chiamavano spinte ideali. Una nazione non si costruisce cacciando i neri o pensando ai portafogli delle varie corporazioni. Nel caso dei paesi è davvero solo questione di porre un minimo di attenzione, è come se il governo dovesse solo dare un cenno di saluto, una pacca sulla spalla. Se poi volete fare di più, le ricordo che c’è una strategia nazionale delle aree interne, concepita a suo tempo da Fabrizio Barca. È uno strumento importante per dare risposte concrete ai paesi più in difficoltà. Ci mette mezz’ora a informarsi e a informare anche Di Maio e Salvini.

    Buon lavoro.

    di Franco Arminio (tratto dal Coresera)

     

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