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  • Ospedale di Agnone, la storia (triste) di una sanità pubblica che funzionava

    Raramente un articolo di giornale offre motivo d’interesse generale, ma quando trattasi di argomento che tocca la sanità pubblica, non credo possa passare inosservato.
    L’ospedale di Agnone, il cui progressivo decadimento avrebbe un tempo raggelato gli impulsi persino degli antesignani di felice memoria, dopo stagioni di dubbi e cupi scoraggiamenti, apre i battenti nel 1954.
    Forze umane hanno così realizzato un sogno di molti nonostante alcuni, assopiti nella più asserita incredulità, giudicavano impossibile.
    Il nuovo ospedale fa crescere in tutti noi dell’Alto Molise e in quelli dell’Alto Vastese, la fiducia in un avvenire ispirato ad un mondo migliore, fondato su una forma di assistenza sanitaria più rispondente ai bisogni dello spirito umano.
    Un grido di gioia si eleva dunque al cielo!
    L’evento suscita sentimento di speranza soprattutto per anziani e ammalati lasciati molto spesso soli nel loro travaglio fondato sul timore di dover morire senza adeguate cure. E ciò è ingiusto, inumano.


    L’ospedale inizialmente nasce ‘povero’, con poco più di 30 posti letto, con un reparto di Chirurgia (dotato di strumentario ritenuto indispensabile per specifici interventi), un reparto di Medicina generale e con due laboratori: uno di Analisi e l’altro di Radiologia. Quest’ultimi, poiché carenti di apparecchiature moderne, a fronte di richieste di esami sempre più mirati, spesso sono costretti a palesare l’impossibilità di dare risposte certe.
    Il numero dei dipendenti ammonta complessivamente a 37 unità. Con questi presupposti l’ospedale inizia la sua attività, ma con le previsioni più orgogliose di poter raggiungere quanto prima un progressivo miglioramento della propria funzione.
    Le previsioni di rivelano esatte.
    Dopo circa 20 anni l’ospedale cambia completamente aspetto sia operativamente che nelle dimensioni. Sopraelevato di un piano, con l’utilizzo del piano sottotetto, con la costruzione di un corpo aggiunto nella parte retrostante, esso è là che si erge come gigante, con la sua nuova dimensione, con il suo rinnovato aspetto, a suscitare, quasi con fierezza, stupore per la sua imponenza, senza che nessuna ombra di disappunto l’offuscasse. E ciò desta una generale soddisfazione. All’interno vengono eseguiti con rapidità e maestria, lavori di adattamento dei vecchi locali a nuovi spazi destinati alle divisioni di Medicina e Chirurgia, nonché ai nuovi reparti, sezioni e servizi di recente costituzione (Pediatria, Ostetricia e Ginecologia, Anestesia, Otorinolaringoiatria, Ortopedia, Oculistica, Dialisi, Reumatologia, Fisioterapia).


    Essi vengono tutti forniti di moderne attrezzature sanitarie e di apparecchi elettromedicali di ultima generazione atti a soddisfare ogni necessità per offrire ai pazienti le migliori cure di assistenza per una pronta e completa guarigione.
    Il nuovo plesso, con i suoi 260 dipendenti, mette fine all’emigrazione dei pazienti in altri centri ospedalieri meglio attrezzati e per questo ritenuti più idonei. Ora il problema è superato, anzi è la nuova struttura sanitaria ad accogliere molti pazienti provenienti non solo dai paesi limitrofi ma anche da zone di fuori regione.
    Tutti i sanitari (34 unità) assunti in servizio nel corso degli anni, altamente specializzati, offrono il meglio della loro professionalità, della loro esperienza, rendendo a volte subordinati e trascurabili momenti della loro vita privata. Ed è grazie a loro, al costante impegno se l’ospedale conquista larga fama raggiungendo il suo coronamento, il suo trionfo.
    Prova ne è che la media delle presenze dei pazienti, inizialmente di 30-40 al giorno, sale progressivamente fino a raggiungere quota 130 e, in periodi di influenza, a 150-160. Sicché l’opera ferve e per gli operatori la gratitudine vola in alto.
    Questo periodo di ‘grandiosità’ ha durata trentennale.

    Negli anni successivi la sanità pubblica viene oppressa e lacerata dalla politica con forme sempre più imperfette di democrazia, negatrici di ogni civile legalità e giustizia. Ciò favorisce lo strangolamento del nostro ospedale che, sull’onda di questa disgregazione in atto, compie il trapasso dall’uno all’altro estremo della sua notorietà. Esso viene condannato ad un destino di lenta agonia e sarà un miracolo in futuro ad invertire l’andamento in atto e far riprendere il cammino sul solco del passato. A meno che i politici di turno, per larga parte di essi nutriti di silenzio e di indifferenza che hanno prodotto finora solo costernazione, non mostrino un accenno di riflessione e prendano provvedimenti seri per la risoluzione dei veri problemi che attanagliano la sanità pubblica territoriale e che mettono a rischio la sua sopravvivenza. Problemi rimasti fino ad oggi in una contemplazione indefinita e insoluta.
    “La sanità pubblica è un bene prezioso e necessario da donare a tutti” le parole di sua Santità il Papa.
    E si ponga fine all’esercizio di politiche piroettanti, ispirate talora a concetti contraddicenti, tese ad annebbiare iniziative aberranti che hanno insidiato ed impoverito le nostre realtà. Esse hanno provocato disagi e sofferenze, intendendo peraltro persuaderci della necessità di riconoscere validi i loro programmi.


    Hanno indotto in un continuo ridimensionamento delle attività ospedaliere, alla soppressione di interi reparti e servizi, producendo profondi sconvolgimenti non solo per i malati, ma per l’intero tessuto sociale ed economico coinvolgendo l’intero territorio altomolisano. Hanno inferto una grave ferita dalle conseguenze drammatiche. In Agnone l’80% dei 260 dipendenti ospedalieri è stato costretto per ragioni di lavoro, a trasferirsi altrove.
    Gli stessi, in tempi successivi, per evitare continui viaggi giornalieri di andata e ritorno che, in periodo invernale, a causa di neve, ghiaccio e una viabilità da Terzo Mondo, rappresentano vere imprese, hanno trasferito anche le loro famiglie. Sicché desolazione e spopolamento hanno avuto il sopravvento. Si sono ridotti i livelli produttivi; una brusca contrazione si è registrata sulle attività commerciali; iniziative private e artigianato in genere hanno subito un forte ristagno.
    In tutto questo, si evidenzia chiaramente il totale fallimento di una politica velleitaria e dissipatrice imposta dai nostri governanti, fidando in una acquiescenza passiva dei cittadini, sempre pronta, secondo loro, a genuflettersi. Una politica così disdicevole e menzognera, avulsa dalla realtà concreta, che ha saputo solo ordire continue restrizioni, insidie e inganni contro la sanità pubblica territoriale, viene certamente avversata e rifiutata con sdegno da qualsiasi cittadino benpensante.
    Quando si passa la misura l’equilibrio salta!

    L’ospedale di Agnone, dopo tanti sacrifici sostenuti da parte di tutti gli operatori per raggiungere un alto grado di stima e di giudizio, ogni spogliato quasi del tutto, ridotto in stato di solitudine e di abbandono, circondato da profondo silenzio, resta lì in attesa di esalare il mortal sospiro. E intanto, dopo circa 60 anni di relativa tranquillità, i pazienti, per curarsi o per sottoporsi ad esami diagnostici, tornano nuovamente ad affrontare i lunghi viaggi della speranza per raggiungere strutture di altre regioni. Qui il paziente si trova disorientato. Distaccato dall’affetto dei suoi cari verso i quali resta fisso il suo pensiero, isolato e sofferente, egli ammutolisce. E nella notte, sopraffatto da grande afflizione, in un greve silenzio, furtive lacrime gli rigano il viso.
    E’ questo un dramma derivante da un incosciente seppellimento di un passato di cui noi altomolisani restiamo orgogliosamente fieri ed innamorati, ed a cui bramiamo assolutamente di tornare.
    Ma per un ritorno alle ‘vecchie glorie’, poiché le cose abituali non destano scalpore né restituiscono quanto tolto, necessitano azioni energiche e risolute da mettere in atto tutti insieme col fermo proposito di riuscire nell’intento.
    Abbiamo noi la forza, il coraggio e la capacità di fare questo?

    Nicola Colacelli – ex direttore amministrativo Asl n.2 Agnone

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